Il Positivismo
Il Positivismo nasce in Francia all’inizio dell’800
e si propaga poi a metà secolo anche in Inghilterra, Germania e Italia. Il
positivismo più che alla filosofia è legato alla scienza, ma ha segnato
profondamente il pensiero occidentale e la filosofia ne ha comunque risentito.
I positivisti
sono coloro che di fatto assolutizzano la scienza, cioè che ritengono che
l’unica forma di conoscenza valida sia quella scientifica. Siamo in un’epoca in
cui nasce l’era industriale, si fanno le prime grandi scoperte della Scienza,
c’è un certo entusiasmo per la nascente speranza che i vari problemi troveranno
una adeguata risposta nel progresso scientifico. La Scienza è comunque quella
disciplina che Galileo Galilei di fatto ha messo in piedi. È il metodo, che
ricordiamo, è basato sull’osservazione della realtà, metodo che dava certezze
su ciò che si può misurare e si può quantificare, ma non dava spazio alla
qualità, perché è un dimensione senza parametri di riferimento sicuri. Questo
metodo di conoscenza stava dando frutti, creava progresso e benefici palpabili.
I positivisti
quindi estendono il metodo scientifico anche ad altri ambiti, non soltanto alle
scienze naturali, ma anche al mondo dell’uomo. Nasce quindi la Sociologia che
cerca di tradurre in numeri (percentuali) i comportamenti dell’uomo nella
società e la Psicologia che cerca di studiare la psiche umana con metodi
scientifici.
È questo il
momento in cui nascono le scienze umane che si staccano dalla filosofia e
diventano scienze autonome, con un proprio metodo di indagine, con un proprio
oggetto di conoscenza. Oltre alla Sociologia e alla Psicologia, nascono
l’Antropologia, la Pedagogia. Il problema di questi pensatori sarà quello di
vedere come il metodo scientifico si può applicare ai vari ambiti della
conoscenza, cioè oltre le Scienze naturali.
Somiglianze fra Positivismo e Illuminismo
Il positivismo
ha qualcosa in comune con l’illuminismo. Innanzitutto una fiducia smisurata
nella ragione umana e nel sapere della ragione che è come un faro che illumina
la realtà. In comune ha anche la polemica radicale nei confronti della
metafisica, cioè contro tutto il sapere tradizionale, e contro tutto ciò che
non è riconducibile alla scienza. In altri termini ciò che non è scientifico è
falso e inganna l’uomo. La realtà vera è quella che appare e noi non ci
dobbiamo che limitare a conoscere come la realtà è non chiederci il perché
delle cose. Non bisogna andare illusoriamente alla ricerca del perché delle
cose, ma limitarsi a prendere atto di come le cose sono e capirne il
meccanismo. Non il perché delle cose, ma
come.
Differenza fra Positivismo e Illuminismo
I positivisti
hanno una diversa concezione della filosofia. Il sapere filosofico degli
illuministi era fondamentale per abbattere le tenebre dei secoli precedenti. I
positivisti vedono nella filosofia, sicuramente non una scienza, ma una materia
che ci aiuta ad organizzare il sapere dell’uomo. Funzione solo organizzativa e
non più conoscitiva. Ricordiamo che l’illuminismo era in forte polemica con il
passato e soprattutto con la Chiesa Cattolica: “Schiacciare l’infame, - diceva
Voltaire - bisogna abbattere il papato e la Chiesa Cattolica che è la fonte di
ogni superstizione”. I positivisti invece non attaccano più la Chiesa e nemmeno
il sapere tradizionale come fosse un nemico da combattere, ma come una stagione
del passato, a cui noi ora, che siamo in possesso del vero sapere, guardiamo il
passato con sufficienza, pensando che allora l’uomo non aveva a disposizione
quello che sappiamo ora e si era arrangiato come gli era stato possibile.
Viene poi
attribuita una data precisa per la fine del positivismo, la data
dell’affondamento del Titanic (che nemmeno Dio poteva affondare) che avvenne il
15 aprile 1912
nel suo viaggio inaugurale. Il Titanic rappresentava la massima
espressione della tecnologia navale di quei tempi, una vera e propria sfida
dell’uomo ormai padrone della scienza e del suo progresso.
Auguste Comte (Montpellier, 1798 – Parigi, 1857)
Auguste Comte è
giustamente considerato il padre del Positivismo e della Sociologia. Discepolo di Henri de
Saint-Simon, è generalmente
considerato l'iniziatore di questa corrente filosofica. Comte coniò la parola sociologia e
considerava questo campo disciplinare come un possibile terreno di produzione
di conoscenza sociale basata su prove
scientifiche. Volendo
sbarazzarsi della metafisica,
esalta quasi religiosamente la conoscenza scientifica che mira ad osservare per conoscere senza apriorismi.
Si richiama
comunque a Kant e Leibniz affermando
che nell'uomo esistono disposizioni
mentali spontanee. Il libro
che secondo la maggior parte degli storici segna l'inizio del Periodo
positivista è il Corso di
Filosofia Positiva, monumentale opera che raccoglie i suoi cicli di
lezioni. Negli ultimi anni Comte fondò una sorta di religione atea e
scientifica, la Chiesa
Positivista La sua citazione «Ordine e progresso» figura sulla bandiera del
Brasile (Ordem e progresso).
La Vita
Auguste Comte
nasce a Montpellier in Francia nel 1798 da
famiglia di sentimenti cattolici e monarchici legittimisti,
contrari al governo
rivoluzionario e a
quello di Napoleone, e
sostenitori della deposta dinastia dei Borbone di Francia. Nel 1814 entra all'Ecole polytecnique di
Parigi e nel 1817 incontra il filosofo socialista Saint-Simon di cui divenne
segretario e con il quale collaboro' per sette anni. Nel 1822 pubblica "Il piano dei lavori
scientifici necessari per riorganizzare la società ", dopo due anni
romperà la collaborazione con Saint-Simon e successivamente nel 1826 inizia
nella propria abitazione un corso di filosofia. L'opera più celebre di Comte "Corso
di Filosofia positiva" appare
nel 1830, è il primo di sei volumi, i cinque volumi successivi verranno pubblicati
tra il 1835 e il 1842. Nonostante il successo ottenuto dalla pubblicazione del
primo volume, Comte, non ottiene nessun riconoscimento accademico
Nel 1844 propone
in occasione di un corso di astronomia popolare, una delle migliori sintesi del
suo pensiero "Il
Discorso sullo spirito positivo", nello stesso anno perderà il
posto di esaminatore riuscendo a vivere a stento grazie ai sussidi ottenuti da
amici e discepoli.
Colpito da un
disagio psicologico depressivo - causato dai tradimenti della moglie, l'ex prostituta Caroline Massin - che lo tormenterà tutta la vita. Tentò il suicidio
gettandosi nella Senna ma
fu ripescato da una guardia reale. Figlia illegittima di attori di
provincia, Caroline Massin gestiva una sala di lettura nel Boulevard du Temple.
Secondo le sue stesse dichiarazioni, incontrò Auguste Comte nel periodo in cui
ella si prostituiva presso il Palazzo Reale, e lui era probabilmente uno dei
suoi clienti, ma la relazione fissa fra i due si instaurò solamente due anni
dopo. Sposò Comte nel febbraio del 1825, ma il matrimonio non fu
felice e i due si separarono definitivamente nell'agosto del 1842. Ciononostante, Caroline
continuò a seguire l'opera di Comte per tutta la sua vita, come bibliotecaria. Comte stenterà parecchio a riprendersi
dal crollo della sua unione con Caroline, innamorandosi di donne fisicamente
molto simili all'ex moglie.
Dopo il fallimento
del matrimonio, conosce Clothilde
de Vaux, giovane sorella di un suo
allievo, di cui si innamora, ma che morirà pochi mesi dopo, dopo aver rifiutato
la sua proposta di matrimonio perché malata di tubercolosi;
la vicenda accentuò il suo disagio psichico e ne influenzò il pensiero in senso
mistico-religioso, senza che Comte tornasse alla religione tradizionale: nacque
così la filosofia scientista del Catechismo
positivista, che idealizzò la scienza e la figura di Clothilde. Il filosofo tornò a vivere con la
madre Rosalie Boyer, e adottò la sua domestica Sophie.
Si entusiasmò
inizialmente per la rivoluzione
francese del 1848, prendendone le
distanze quando vide che la società non fu organizzata razionalmente e
ordinatamente (errore che egli riscontrava anche nella prima rivoluzione
francese), esprimendo criticità nei
confronti di Luigi Napoleone, che invece sostenne quando Bonaparte ascese al
trono imperiale con il nome di Napoleone III.
Comte morì a 59
anni nel 1857, a causa di un'emorragia interna, forse conseguente ad un tumore allo stomaco, lasciando incompiuta l'opera: Sistema soggettivo o sistema
universale delle concezioni proprie dello stato normale dell'Umanità. Venne
sepolto al cimitero del Père Lachaise.
Corso
di Filosofia positiva
Ogni forma
di sapere, afferma Comte in questa sua opera principale, passa successivamente
per tre stati differenti e teorici: è la
Legge dei tre stati, che egli asserisce di
aver ricavato da considerazioni storiche oltre che dall'osservazione dello
sviluppo organico dell'uomo.
Comte
eredita dall’illuminismo l’idea di Progresso. Ricordiamo che l’idea di
progresso è un contributo del cristianesimo nella cultura occidentale. È il
cristianesimo che afferma che la storia procede per tappe, dalla creazione,
alla caduta, alla venuta del Messia, alla redenzione, che farà da sparti acque
fra due ere, il prima e il dopo Gesù Cristo e la parusia, cioè il ritorno
finale del Figlio di Dio.
L’illuminismo
utilizzò l’idea che la storia è una linea retta, sempre in progresso, cioè il
dopo è sempre meglio del prima (dalle tenebre del passato alla luce del
futuro). Il marxismo pure, aveva creduto di individuare la legge scientifica
della storia. La storia marcia progressivamente e dialetticamente verso una
meta certa e scientificamente provata e che non poteva non concludersi che con
il comunismo realizzato, un vero e proprio paradiso terrestre.
Comte si muove
anche lui in questa visione progressista della storia che continuerà
sostanzialmente fino a Nietzsche che invece recupererà l’eterno ritorno nella
visione ciclica della storia. Comte individua quindi una regola con la quale la
storia si muove sia in ciascun individuo che l’umanità in genere. Una regola
che si compone di tre stadi.
Il primo
stato è quello teologico o fittizio, il secondo stato è metafisico o astratto,
il terzo, infine, è scientifico o positivo.
Lo stato teologico è
il punto di partenza necessario dell'intelligenza umana, in cui l'uomo mediante
la fantasia attribuisce tutti i fenomeni naturali ad enti divini,
soprannaturali e trascendenti e nello sviluppo del genere umano corrisponde
all'infanzia. Vi corrisponde anche una organizzazione politica: la
teocrazia.
Lo stato metafisico è
soltanto transitorio, in questa fase l'uomo mediante la ragione si chiede il
perché delle cose e si spiega i fenomeni della natura in base a forze occulte
misteriose e astratte, metafisiche e immanenti nella natura stessa. Modelli
ideali con i quali cerchiamo di spiegare la realtà. Comte lo paragona alla
giovinezza o adolescenza dell'uomo ed è caratteristico dell’epoca moderna, fino
cioè alla rivoluzione francese. Anche questo comporta una organizzazione
politica che sostanzialmente è la democrazia in mano alla borghesia.
Lo stato positivo è
quello di arrivo e definitivo, (reale, non più immaginata), l'uomo rinuncia
alle indagini dei primi principi, del perché delle cose e della loro intima
essenza e mediante la sola esperienza osserva i fenomeni naturali così come
essi accadono, collegandoli tra loro secondo le loro leggi. Questo stadio viene
paragonato alla maturità dell'uomo e ad esso corrisponde politicamente il
governo degli scienziati e dei tecnici. Chi conosce la realtà in modo
scientifico e poi in grado anche di organizzare anche la vita sociale.
L'esempio
più importante della spiegazione positivista è quello delle legge di Newton
sull'attrazione; tutti i fenomeni generali dell'universo sono spiegati dalla
legge di gravitazione newtoniana giacché questa legge considera la varietà dei
fatti astronomici come un solo unico fatto guardato, però, da punti di vista
diversi e consente di unificare con esso tutti i fenomeni fisici. (La storia ci
confermerà poi che i governi dei tecnici saranno sempre un vero disastro, non
si può gestire l’uomo come una macchina o un fenomeno fisico, l’uomo è una persona.
Ndr).
I principi della Scienza.
Quali sono
dunque i principi di questa nuova scienza che Comte eredita sia dalla
tradizione empirista che da quella razionalista che caratterizzano il ‘600?
Sicuramente il fondamento empirico della
conoscenza, che riprende da Loke che da san Tommaso d’Aquino: “nulla è nell’intelletto che prima non sia
passato dai sensi”.
C’è una
prospettiva antiessenzialista che non si occupa più del perché delle cose ma si
limita a come le cose si svolgono, non c’è più il “Noumeno”, la cosa in sé, ma
solo come il mondo ci appare, il grande Pan è morto anche per Comte. C’è solo
il divenire dei fenomeni, non c’è nulla di stabile. La nostra conoscenza dei
fenomeni ci permette caso mai di prevenire come il fenomeno si potrà comportare
e quindi di poterlo gestire. Questo potrebbe essere un surrogato della
stabilità, una sorta di fede nella padronanza dei fenomeni che l’uomo ha capito
e che per questo si illude di poter gestire con sicurezza. (Altro mito che
cadrà non solo con l’affondamento del Titanic, ma con molte altre disillusioni
che il ‘900 porterà con sé. Ndr).
Altro
mito del positivismo di Comte è l’avalutabilità della scienza. L’idea cioè che
lo scienziato è uno che guarda il mondo senza pregiudizi, senza anticipare la
natura, ma che semplicemente si mette in ascolto della natura. Lo scienziato è
neutrale. Per esempio il Sociologo è colui che dice come i fenomeni sociali si
svolgono, quantifica la società e i suoi fenomeni, ma non dà giudizi di valore,
coglie caso mai la regolarità o la irregolarità dei fenomeni analizzati. Con la
ragione l’uomo riesce a conoscere le leggi di svolgimento dei fenomeni e
conoscendo questi in qualche modo riesce ad anticiparne la natura.
Ultima
caratteristica di questa scienza assurta ad unico criterio di giudizio per i
positivisti e per Comte in particolare é quello del principio di economia: non bisogna moltiplicare gli enti, non
bisogna spiegare la realtà complicandosi la vita, ma bisogna assumere quell’unico
principio, il più semplice, che rende ragione degli altri (concetto già
espresso da Guglielmo d’Ockman e dal suo rasoio).
Comte
fa una classificazione delle scienze e dice che questi tre stadi (infanzia,
adolescenza e maturità) riguardano tutte le scienze, alcune hanno già raggiunto
la maturità alte non ancora. Le più generali come l’astronomia, la fisica e la
chimica hanno già raggiunto la maturità, altre come la biologi a e la
sociologia vi si stanno avviando.
Comte
dice che bisogna applicare l’approccio scientifico anche alla società, perché
la scienza non è soltanto conoscenza della natura ma è la conoscenza unica che
l’uomo ha. Dobbiamo applicare il metodo scientifico a tutti gli ambiti
dell’umano e del sociale, fra cui appunto la Società con la Sociologia.
Il
problema della sociologia è che la quantificazione è difficile, la misurabilità
pure. Quantificare i fenomeni umani, sociali, sentimentali religiosi, ecc. è
molto più difficile e complesso che per le scienze ormai mature. C’è il dubbio
che la sociologia non possa nemmeno raggiungere la maturità. Queste nuove
scienze ritengono di avere comunque la possibilità di arrivare, col tempo a
questa maturità.
La religione della Scienza
Compte
ad un certo punto della sua travagliata vita, che lo porta a gravi crisi
depressive, crea una vera e propria religione della scienza e scrive un Catechismo positivista. Pensa che la
società debba procedere sempre più scientificamente per giungere finalmente
alla grande religione dell’umanità, di derivazione massonica, in cui l’uomo
organizzerà la società secondo la religione della Scienza. Una vera e propria
scimmiottatura del cattolicesimo, con giornate dedicate agli scienziati e ai
benemeriti del progresso scientifico, invece cha ai santi, con veri e propri
templi (chiese possibiliste). Per esempio il Tempio possibilista di Port Alegre
in Brasile porta la scritta “l’amore per principio, l’ordine per fondamento, il
progresso per fine”. Ha i suoi sacerdoti il cui abito talare è il camice
bianco, gli Scienziati, come membri ufficiali e poi il papa, lo stesso Comte.
Anziché
sopprimere la religione come vorrebbe Marx, l’ateo Comte ne propone una che
veneri l’uomo, l’umanità, il grande essere. C’è una nuova trinità scientifica o
trinità positiva, composta dal Grande Essere che è l’umanità, il Grande
Feticcio che è la terra, il Grande Mezzo che è lo spazio. Comte è il grande
pontefice di questa religione e ne fissa anche il calendario liturgico.
Non
si sa bene se questa religione è stato il naturale sbocco dei suoi studi sul
positivismo e sulla sociologia, della quale è padre indiscusso, o piuttosto una
conseguenza di forti nevrosi che attanagliavano il suo animo vulnerabile e
alquanto provato dalle sfortunate vicissitudini della sua vita.
Charles Robert Darwin (1809 –
1882)
Nasce in
Inghilterra poco dopo Comte. Ancora giovanissimo, cioè a 16 anni, viene
iscritto dal padre agli studi di medicina, per assecondare la sua
predisposizione alle scienze. Abbandonerà presto questi studi perché non regge
la visione delle prime autopsie a cui deve partecipare come studente. Cosa che
avviene ancor oggi quando qualche studente di medicina sviene davanti ai primi
interventi sul corpo umano. Il padre deluso degli insuccessi negli studi di medicina e
preoccupato per il suo futuro, lo mandò nel 1828 nel Christ's College
(anglicano) a Cambridge, sperando in una sua carriera ecclesiastica. Il giovane
Darwin, per non dispiacere al padre si licenzia in Teologia, ma i suoi interessi
sono decisamente per la scienza. Farà a questo proposito due viaggi, il primo
più breve il secondo decisamente più lungo e importante, un vero e proprio giro
del mondo. Si sposa e avrà ben 10 figli di cui tre moriranno molto piccoli.
Questo trauma lo allontanerà sempre di più dalla famiglia perché vedrà in essa
un luogo di dolore e di angosce più che un impegno ed una responsabilità. La
dimensione di ricercatore appassionato avrà quindi oltre che una sua naturale
predisposizione anche una certa spinta all’evasione dalle responsabilità più
dirette della famiglia.
Il suo primo viaggio
sarà nei mari all’intorno dell’Inghilterra è sarà, se pur breve, l’inizio della
sua specificità, quella che farà di Darwin il vero padre della ricerca
scientifica nel senso positivista dell’ottocentesco. È un ricercatore sul
campo, diverso dai suoi predecessori teorici e sulla carta, cioè senza
sporcarsi le mani nel reale effettivo delle cose. Mette in pratica per primo il
ruolo del naturalista, di colui che studia e indaga e cerca di scoprire le
leggi profonde della natura.
La tipologia del naturalista,
secondo Darwin e da Darwin in poi, è l’indagine sul campo. Questa indagine sul
campo e la possibilità di sperimentarla in proprio arriva a Darwin quasi per
caso.
Dopo la vittoria su Napoleone dell'inizio dell'Ottocento, la
flotta inglese rimase padrona del mare. Il governo inglese fece costruire sette
navi attrezzate con le strumentazioni scientifiche più moderne; fra queste
c'era il brigantino Beagle al comando del capitano Robert Fitzroy. In occasione del suo secondo viaggio intorno al mondo, il
capitano della nave chiese di avere a bordo un naturalista per descrivere le
specie animali e vegetali trovate. I professori di Cambridge, interpellati,
proposero il giovane e promettente Charles Darwin.
Questo avvenne proprio quando il 22enne Darwin era appena
rientrato dalla spedizione in Galles. Ma
come naturalista di bordo era già stato proposto il reverendo anglicano Leonard Jenyns, stimato entomologo, ma questi si
era ritirato all'ultimo momento, ragion per cui il 24 agosto 1831 Darwin ricevette
una lettera nella quale gli si proponeva di prendere il suo posto.
Il padre tuttavia, insospettito dal fatto che per una spedizione
di sì ampia portata non avessero trovato altri che lui (e per giunta senza
ritorno economico) fu contrario fin dall'inizio. Il giovane Darwin rispose pertanto con una lettera di diniego.
Dopo alcune traversie e rimandi però decide di presentarsi al capitano, che nonostante fosse molto
autoritario e di idee politiche opposte
alle sue, fu ben impressionato dal suo entusiasmo e dalla sua raffinatezza,
sicché l'accordo fu raggiunto. Darwin non
sapeva, in realtà, che una delle finalità del viaggio, nella mente del capitano
Fitzroy, era esattamente opposta alla sua: oltre alla finalità ufficiale di
completare il rilevamento geografico di terre fino ad allora in parte
inesplorate, il capitano si proponeva in realtà anche lo scopo di rinvenire
prove "scientifiche" degli avvenimenti descritti nella Bibbia, con particolare
riferimento alla Genesi.
A 22 anni quindi Darwin si
imbarcò per la sua meravigliosa avventura e tornò a casa a 27 anni con molti
taccuini pieni di appunti, casse colme di pietre, piante e scheletri animali, e
molte idee originali in testa. In questo viaggio il giovane Darwin
costruisce sul campo, e non a tavolino,
una sua teoria scientifica, che verrà esplicitata nella sua grande opera “L’origine della specie”, pubblicata al
compimento dei suoi cinquant’anni (1859).
L’opera ha un enorme impatto nella cultura ottocentesca, anche
perché gli studiosi e gli scienziati che si definivano naturalisti avevano fino
ad ora solo utilizzato cose già dette e “rimasticate” da altri, rimbalzate da
una cattedra all’altra con scarsa e inaffidabile documentazione e mai
verificate sul campo con la scrupolosità e la professionalità di Darwin.
“L’origine
della specie”
Passiamo ora ad evidenziare qual è la tesi fondamentale della sua
opera. Le specie (animali e vegetali), contrariamente a quanto pensa la
maggioranza, compresi i suoi contemporanei, non sono state create da Dio, come
afferma il libro della Genesi, così come le vediamo ora. Le specie hanno avuto
una origine diversa da come ora noi le vediamo. Le specie sono il frutto di una
evoluzione, che ha procurato una selezione e da questa selezione le specie sono
diventate quelle che sono oggi.
Darwin arriva ad elaborare questa teoria attraverso la
comparazione fra la natura viva che osserva ai suoi giorni e alle varie
latitudini e i fossili che trova negli stessi posti da lui visitati.
Comparazione quindi fra l’animale e il vegetale che trova su di una determinata
isola e i fossili che li stesso trova scavando e cercando, ma anche
comparazione fra animali simili della stessa specie o di specie similari che
lui trova nei vari siti che analizza o fra una isola e l’altra. È un metodo che
lui organizza in volumi e volumi di osservazioni scritte e disegnate. Qual è
allora la novità scientifica e dirompente dell’opera di Darwin? È che
improvvisamente il mondo appare allo scienziato, ma anche al semplice lettore
di questi documenti, in maniera completamente diversa dal passato, cioè
completamente rovesciato. Bisogna allora capire la nuova storia del vegetale e
dell’animale che abbiamo davanti, anzi debbiamo trovare la preistoria che sta
dietro ad ogni specie di vegetale e di animale. È questo il problema che si
pone ora al ricercatore scientifico.
A noi ora interessano gli aspetti filosofici conseguenti a questa
tesi di Darwin, cioè quello della storia del pensiero occidentale. Per fare
questo occorre collegare il Darwin dell’ottocento con il suo compimento nel
‘900 che è l’opera “Il caso e la
necessità”, pubblicato nel 1970 dal suo discepolo Jacques Lucien Monod (1910 – 1976). In questo suo lavoro viene esplicitata la
teoria del “casualismo”. Tracce consistenti del casualismo le troviamo comunque
già in Darwin stesso. C’è un evidente conflitto fra le osservazioni del
naturalista Darwin e le tesi a lui precedenti fondate, e lo si credeva
solidamente, sulle affermazioni bibliche. C’è quindi un evidente conflitto fra
Religione e Scienza. La Bibbia è “creazionista”, cioè Dio ha fatto il mondo
così come lo vediamo e ha fatto ogni specie vegetale e animale così come noi le
vediamo oggi. Se per caso dovessimo trovare un animale o un vegetale diverso
dalla attuale sua specie di appartenenza questo può solo essere un difetto, non
certo un miglioramento rispetto a come lo ha creato Dio, difetto che porta alla
sua estinzione e non certo alla sua riproducibilità.
Altrimenti si dovrebbe credere che Dio ha creato vegetali o animali non
perfetti. Dio non può fare male le cose. Quindi quanto vediamo è come è uscito
dalle mani del Creatore.
I risultati della ricerca di Darwin portano all’opposto. Non sono subito
una posizione filosofica, ma sono e saranno il perno del “casualismo”. Il mondo
non esce da una intelligenza divina, non è il prodotto di una intelligenza, ma
è il prodotto del caso. Nasce qui il conflitto fra scienza e religione, fra
creazionismo e casualismo. Si viene formando allora una teologia
fondamentalista che prende un testo come la Bibbia che ha una sua specifica
finalità religiosa, una determinata indole religiosa e lo tratta e lo considera come se avesse un’altra
finalità ed un’altra indole, per esempio quella scientifica. In altre parole,
prendere la Bibbia che ha una finalità puramente religiosa e la trasforma o la
forza a diventare un testo scientifico, cioè che ci dice le cose come sono
andate davvero dal punto di vista scientifico, quindi un vero e proprio testo
scientifico. Quest’ultimo non è davvero lo scopo della Bibbia. La teologia
fondamentalista non sta in piedi e varrà quindi rifiutata, certamente sarà
oggetto di conflitti intellettuali che cadranno poi da soli.
Il primo problema che si pone fra i risultati delle ricerche di
Darwin e la posizione teologica e religiosa è quindi un conflitto fondato
sull’equivoco, molto simile al caso Galilei in cui si cerca di denigrare la
Chiesa per irrazionalità e oscurantismo quando nella realtà è vero proprio il
suo contrario.
Il secondo problema è il rapporto di Darwin rispetto alla scienza
del momento. Darwin è molto sfumato nelle sue considerazioni. Leggendo i suoi
trattati si nota che lui stesso è pieno di perplessità a proposito delle sue
tesi, egli non intendeva proporre uno schema interpretativo della natura che
fosse esaustivo e per giunta inamovibile e definitivo. Riteneva di dare
semplicemente un contributo, seppur fondamentale, aperto a futuri apporti. Sono
stati i suoi discepoli, più darwinisti di Darwin, che della sua proposta di
interpretazione scientifica dei dati da lui raccolti ne hanno ricavato un vero
e proprio sistema completo e definitivo. Sistema che poi non riuscirà a
reggersi con il progredire delle ricerche e delle scoperte successive. Oggi
nessun scienziato è darvinista, nessun scienziato pensa che effettivamente le
cose possano funzionare come Darwin le descriveva nella sua opera. La scienza
ha dimostrato che l’ipotesi di Darwin è più che interessante e affascinante, ma
che non ha mai potuto essere dimostrata scientificamente, nemmeno con i mezzi
d’indagine più che sofisticati oggi a disposizione, come per esempio il DNA, ma
a scuola spesso è ancora insegnata come scienza confermata e applicabile addirittura
anche all’uomo.
“Il caso e la necessità” di Jacques Monod.
È interessante prendere in considerazione l’opera “Il caso e la necessità” del discepolo
più coerente con il suo maestro e che abbiamo già citato, Jacques Monod. In questa sua opera principale nella quale lui
intendeva continuare e perfezionare i contributi di Darwin. Inizia dapprima con
il riepilogare la tesi darviniana: ogni specie, apparsa sulla terra per caso,
ha eliminato con l’andare del tempo, gli elementi, i caratteri, le funzioni, le
qualità svantaggiose per la specie ed ha acquisito quelle vantaggiose. È questa
forse la conseguenza di un finalismo, cioè di una intelligenza ordinatrice?
Monod lo esclude. Infatti metà del suo libro è dedicato a smontare la posizione
finalistica. Nella seconda metà del suo lavoro Monod sostituisce la posizione
finalistica con una nuova teoria, la “Telenomia”.
Telenomia è un parola che proviene dal greco “telos” e da “nomos” cioè “finalità” e “norma”. Cioè la “regola del finalismo”.
Quindi Monod esclude il finalismo e mette al suo posto la regola del finalismo
(la telenomia). Paradossalmente l’unico modo per dare ancora voce e credibilità
all’opera di Darvin è quello di ricondurlo ad una visione finalistica, negata
dalla porta d’ingresso, ma rientrata dalla finestra con un nome diverso, ma che
vuol dire la stessa cosa.
Il Darwin scienziato, nato contro il creazionismo, viene oggi
salvato solo abbinandolo ad una visione finalistica, altrimenti crolla proprio
nelle sue pretese scientifiche. Sebbene l’intento di Darwin e dei suoi
discepoli è tutt’altro che filosofico, non c’è dubbio che l’impatto, l’influsso
sulla storia del pensiero, cioè sulla filosofia, è stato molto forte. Per le
premesse da cui partiva, il positivismo, e per le conseguenze a cui arriva,
cioè una sua visione del mondo, una sua visione dell’uomo, una sua visione di
Dio. Il mondo, l’uomo e Dio, sono i tre classici soggetti della filosofia: chi
è Dio, cosa è l’uomo, che cosa è il mondo. Visto così il positivismo è
filosofia, il darwinismo è filosofia.
Il darwinismo
L’impatto della dottrina di
Darwin sulla cultura fu così grande da
durare tuttora, ben oltre i confini della biologia. Questo perché la singolare
attitudine del darwinismo ad accendere la possibilità che la vita, i minerali,
i vegetali, gli animali ed anche l’uomo possano essere apparsi sulla terra per
puro caso, cioè per combinazioni casuali, ha entusiasmato i fautori del principio
ateo della “casualità” contro la “creatività” sostenuta dall’oscurantismo cattolico.
Scientificamente la teoria
darwiniana è risultata non vera. È risultato invece, grazie al DNA, che ogni
individuo ha avuto origine da una coppia di animali o umana identica a quella
che vediamo oggi. Non tutti però hanno accettato questa evidenza e cercano di
riabilitare, con qualche salto mortale di troppo, almeno una parte di questa
teoria.
L’evoluzione
della specie e la Bibbia
Si è volutamente sorvolato
sulla sostanza scientifica sia del positivismo che del darwinismo, così come sul
fallimento dei loro obiettivi e i loro conflitti con la religione, perché il
tanto odiato cattolicesimo, non è mai stato contro la scienza, come i suoi
detrattori cercano sempre e in ogni occasione di dimostrare (il caso Galilei, il caso Giordano Bruno, il
darwinismo, ecc.) anzi spesso si è mostrato più razionale, competente e di buon
senso dei suoi nemici. Diciamo di più, la Chiesa ha sempre favorito lo studio
di ipotesi e intuizioni che potessero far meglio comprendere il creato. Quello
che la Chiesa cattolica non ha mai accettato è che si affermassero come leggi
scientifiche quelle che tali non lo sono, cioè quelle che non sono galileianamente
dimostrabili, cioè scientificamente dimostrabili. Va da sé che i progressi
della scienza, dell’antropologia, della archeologia, ecc. hanno più spesso
confermato che contrastato la Bibbia e che chi più seriamente affronta la
scienza, più scopre le meraviglie del Dio creatore. Quello però che rimane
nella mente dell’uomo della strada, giovane e meno giovane è che il darwinismo
è una interessante scoperta scientifica moderna che appaga il non credente
(veniamo dal caso e non da Dio) e mette in crisi il credente che comunque apprezza
le scoperte scientifiche, ma che sente imperioso il bisogno di essere voluto e
amato da un Dio padre e creatore e non essere figlio del nulla. (Casualismo
contro Creazionismo).
Un interessante
approfondimento su questi temi lo troviamo nel libro di Marano Artigas “Le frontiere
dell’Evoluzionismo” edizioni ARES, nel quale l’autore, scienziato e
teologo, dimostra come lo scienziato e il teologo, pur utilizzando strumenti
diversi sono in grado di dimostrare la fondamentale armonia dell’universo e
l’impossibilità che la vita e l’ordine del cosmo possa aver origine dal caso
[Ndr].
Nuovi errori di Darwin
(Tratto
da: https://antiuaar.wordpress.com/2010/08/31/evoluzionisti-scoprono-nuovi-errori-nel-pensiero-di-charles-darwin/)
Altro testo interessante, è quello di Hans-Joachim
Zillmer “L’errore di Darwin” ed. PIEMME. L’evoluzione è certamente una
ipotesi interessante (anche se non è mai stata galileianamente dimostrabile).
Quello che è assurdo e che va fortemente criticato sono gli -ismi: il
creazionismo (protestante americano), lo scientismo, il riduzionismo, il
razionalismo e sopra tutto il neodarwinismo, quella deriva filosofica che
strumentalizza il pensiero di Darwin per giustificare la propria posizione
ateistica. La selezione naturale è una teoria scientifica non un dogma, è
falsificabile e criticabile come tutte le altre teorie non dimostrate
scientificamente. E’ inoltre piena di lacune e di non spiegazioni e questo la
rende molto traballante, sono quindi ridicoli i tentativi delle cricche
laiciste, con a capo Richard Dawkins, di promuovere l’ateismo basandosi sul
dogma darwiniano. Dogma, ripetiamo scorretto ed incompleto, come dimostrano le
sempre più critiche che riceve, non solo da ambienti creazionisti ma anche da
quelli laicisti. Si veda il testo pubblicato recentemente anche in Italia da
due evoluzionisti atei: “Gli errori di Darwin”. Uno degli autori, l’evoluzionista
Massimo Piattelli-Palmarini, ha addirittura dichiarato: «Il darwinismo è morto e non resuscitabile».
Due
anni fa era la rivista scientifica New
Scientist a screditare il pensiero di
Darwin. E in questi giorni alcune riviste di biologia stanno pubblicando altri
risultati che contraddicono il pensiero del grande naturalista sulla
sopravvivenza del più forte. Ad esempio, Biology Letters ha scritto: «Charles Darwin ha avuto torto quando ha sostenuto che la
concorrenza fra le specie è stata la forza trainante fondamentale
dell’evoluzione. Lui ha immaginato un mondo in cui gli organismi hanno
combattuto per la supremazia del più forte. Ma la nuova ricerca individua la
disponibilità di “spazio vitale” non abitato da altri animali, piuttosto che la
concorrenza, come il fattore fondamentale per l’evoluzione». Questi nuovi studi sono stati
condotti dagli evoluzionisti Sarda Sahney, Michael Benton e i colleghi
dell’Università di Bristol, i quali hanno dichiarato alla BBC News: «La concorrenza non ha giocato un grande ruolo nello schema
generale dell’evoluzione».
Questo
è solo un esempio fra i tanti che dimostra la fallacità del darwinismo. Ma la questione è diventata per alcuni una questione
assolutamente ideologica e folle. Il talebano di Darwin, Richard Dawkins,
proprio quest’anno ha pubblicato il suo ultimo ed ennesimo noioso libro
intitolato “Perché Darwin aveva ragione” e il suo chierichetto Piergiorgio Odifreddi lo ha
preceduto con “In principio era Darwin“. Fra qualche anno sarà
necessario avviare un tentativo di riconciliazione tra ateismo e scienza.
(Resta comunque un racconto affascinante quello della Genesi, specialmente se
lo leggiamo con amore e riconoscenza nel buon Dio [Ndr]).
Darwin a scuola
(1 febbraio 2012, lettera di Vittorio Melandri in risposta al
suddetto articolo di Corrado
Augias su la
Repubblica)
Caro Augias, sono passati otto anni, da quando è scomparso dalla
scuola italiana l’insegnamento della “Teoria
dell’evoluzione della specie” (come scientificamente vera). Allora, anche
grazie ad una sollevazione di alcuni media e dello stesso mondo scientifico, la
responsabile del ministero dell’istruzione già non più “pubblica”, Letizia
Moratti, insediò una commissione presieduta dal premio Nobel Rita Levi di
Montalcino. Alla conclusione dei lavori, questa suggerì il reinserimento di Darwin
nel curricula, non più alla voce “teoria dell’evoluzione”, ma alla voce: “Interazioni reciproche tra geosfera e biosfera e
loro coevoluzione di Darwin” (cosa
vorrà dire?). Da allora molte cose sono cambiate, ma alla cacciata di
Darwin dalle scuole italiane non si è ancora posto rimedio. Vittorio Melandri (Vedi: L’insegnamento
dell'evoluzione nella scuola dell'obbligo in
http://camcris.altervista.org/evoluzionesc.html)
Oltre il positivismo - Benedetto XVI al Bundestag
Senza riferimento a Dio il diritto rimane privo di fondamento.
Articolo di Benedetto Ippolito, mercoledì 28 settembre
2011
Non è stato necessario attendere neanche un giorno per rilevare
l’importanza del discorso tenuto da Benedetto XVI
giovedì scorso al Bundestag, nell’ambito di un viaggio in Germania denso di
appuntamenti e di confronti. D’altra parte, la Camera Alta era il luogo
perfetto per proporre una riflessione profonda sul senso della politica e
collocare nella giusta prospettiva l’attività primaria dello Stato, quella di
fare le leggi. Nel cuore dell’Europa il Papa ha voluto sollecitare la coscienza
tedesca sulle radici giuridiche dell’Occidente, che sono state assicurate
stabilmente nel tempo dall’incontro felice tra la religione cristiana, la
filosofica greca e la giurisprudenza romana.
Di là del ragionamento stretto sui fondamenti validi del diritto naturale, per altro già affrontato nelle prime tre Encicliche del suo intenso pontificato, a Berlino Benedetto XVI si è soffermato prevalentemente sull’enorme problema del significato delle leggi, la cui forza e influenza è riscontrabile nelle moltissime applicazioni concrete della vita di tutti i giorni. Più nello specifico, Ratzinger ha osservato come «la visione positivista – cioè puramente formale – del mondo sia una parte grandiosa della conoscenza umana, alla quale non dobbiamo rinunciare. Ma essa non è una lettura che corrisponda e sia sufficiente per essere uomini in tutta l’ampiezza».
Di là del ragionamento stretto sui fondamenti validi del diritto naturale, per altro già affrontato nelle prime tre Encicliche del suo intenso pontificato, a Berlino Benedetto XVI si è soffermato prevalentemente sull’enorme problema del significato delle leggi, la cui forza e influenza è riscontrabile nelle moltissime applicazioni concrete della vita di tutti i giorni. Più nello specifico, Ratzinger ha osservato come «la visione positivista – cioè puramente formale – del mondo sia una parte grandiosa della conoscenza umana, alla quale non dobbiamo rinunciare. Ma essa non è una lettura che corrisponda e sia sufficiente per essere uomini in tutta l’ampiezza».
Ciò emerge lampante nelle decisioni sbagliate che orientano le
opzioni di chi governa davanti a questioni morali difficilissime. L’esempio più immediato è
lo scarso rispetto ecologico del creato, con l’inadeguato e irresponsabile uso
spregiudicato e iniquo delle risorse presenti. Un’attenta considerazione
ambientale può nascere, in realtà, solo dalla consapevolezza essenziale che
«l’uomo non crea se stesso», perché la sua «natura personale non è esaurita
dalla libertà». Tale è, in effetti, il confine preciso che distingue una
comprensione etica del mondo da un uso strumentale e spregiudicato del
territorio.
In tal senso Benedetto XVI ha aperto
un confronto esplicito con il padre del pensiero giuridico tedesco, Hans
Kelsen, ricordando come questi, dopo aver cercato invano di costruire un
sistema esclusivamente basato sulla legge scritta, sia dovuto incorrere alla
fine in insormontabili e sfibranti contraddizioni.
Il pensiero di Kelsen si è arenato per la rinuncia totale alla
sola idea risolutiva che dà fondamento logico al diritto, ossia il riferimento
trascendente a Dio. Come sanno i teologi, infatti, l’unico pilastro con cui è
possibile salvaguardare l’intelligenza, la libertà dell’uomo e il rispetto
della natura circostante è solo Dio creatore, perché Egli è il principio che
permette di concepire il valore supremo della natura creata rispetto ai tanti
interessi esistenti. La responsabilità dell’uomo davanti a Dio genera, infatti,
una base sicura alla politica e al diritto, che accosta pienamente la
democrazia delle istituzioni ad alcuni valori universali insindacabili, cioè
indipendenti dal dispotismo del potere. Una grande e imperiosa lezione morale, quella del Papa,
che esorta i parlamentari ad approfondire e accrescere la tecnica giuridica,
favorendo appunto il buon diritto, arginando e risolvendo i limiti di un
legalismo privo della razionalità sufficiente a garantire istituzioni giuste e
valide per tutti. In tal modo, non soltanto lo scontro tra libertà e legalità
diviene compatibile con una ragionevole ed equilibrata convivenza democratica,
ma i presupposti del potere giudiziario e legislativo riescono a concorrere
armonicamente nel produrre un sistema giusto, che sappia riconoscere
costantemente il valore integrale della persona umana, fine superiore rispetto
alla codificazione astratta della legge positiva. In definitiva, secondo
Benedetto XVI la giusta legalità è salva solo quando esiste una base di verità
che guidi con intelligenza le libertà individuali. © Copyright Avvenire, 28
settembre 2011
PROGRAMMA incontri della quarta tappa:
PROGRAMMA incontri della quarta tappa:
l'eclissi della ragione
- 4t-1-La reazione a Hegel: Schopenhauer e Kierkegaa...
- 4t-2-La sinistra hegeliana: Feuerbach e Marx
- 4t-3-Positivismo e Darwinismo
- 4t-4-Spiritualismo e Psicanalisi
- 4t-5-Nietzsche: la morte di Dio
- 4t-6-Nietzsche: l'oltreuomo
- 4t-7-La Fenomenologia di Husserl
- 4t-8-Heidegger e l'esistenzialismo
- 4t-9-Idealismo italiano
- 4t-10-Neopositivismo e Pragmatismo americano
- 4t-11-La Scuola di Francoforte e Popper
- 4t-12-L'Ermeneutica di Gadamer e Benedetto XVI
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