Spiritualismo
Lo Spiritualismo nasce in contrapposizione al
positivismo. Il positivismo infatti considera esclusivamente la realtà esterna
al soggetto, i fatti, le cose scientificamente dimostrabili e rifiuta e quasi
disprezza ogni riferimento alla realtà interna dell’uomo. Viceversa lo
spiritualismo proprio di questo si interessa.
Lo spiritualismo, che ha come suo autore principale
il francese Bergson, dà invece importanza fondamentale al perché delle cose,
alle domande fondamentali, al perché dell'uomo, al perché della vita, al
problema della coscienza. Anzi pone proprio al centro della sua riflessione la
coscienza dell'uomo. La coscienza come fonte che origina le azioni dell'uomo e
che lo sprona ad indagare sulla realtà, su quella realtà che ha una radice
spirituale. Si sviluppa un pensiero che si convince che dietro ogni fenomeno,
ogni materia vi è una radice spirituale, uno spirito. A questo spirito si
accede attraverso la coscienza. La Coscienza è l'oggetto privilegiato dello
spiritualismo.
Da qui nasce l'interrogativo: qual è la realtà di
cui si deve occupare la filosofia e quale sia la via di accesso a questa
realtà. Per gli spiritualisti la via di accesso a questa realtà è la Coscienza.
Questa non ha soltanto una funzione conoscitiva, cioè gnoseologica, ma ha
essenzialmente una funzione pratica di generatrice di attività.
Lo spiritualismo che si sviluppa in Francia, ma poi
anche in altri paesi europei, pone al centro la Coscienza e la rende una chiave
d'accesso per l'uomo che vuol conoscere la realtà. Il motore della conoscenza e
dell'azione dell'uomo è la Coscienza.
Questa idea è stata al centro di una delle più
grandi eresie che il mondo cristiano ha conosciuto, cioè il “modernismo” che
San Pio X definì la somma di tutte le
eresie. Dallo spiritualismo muove le sue mosse Mourice Blondel e anche lo
stesso Bergson che si troveranno in pieno contrasto con la dottrina cattolica.
Henri Bergson (1859 – 1941)
Henri Bergson, di origine ebraica, ha vissuto a Parigi e i suoi scritti più
importanti sono “I Saggi sui dati
immediati della coscienza”, “Materia
e Memoria” che tratta del rapporto fra la materia e l’anima, cioè la
propria interiorità, e l’”Evoluzione
creatrice” che lo metterà in contrasto con la dottrina cattolica. Muore
nella sua Parigi quando questa viene occupata dai nazisti. È stato il filosofo di riferimento del grande intellettuale del
‘900 Jean Guitton, esponente
del pensiero cattolico, nominato, da papa Paolo VI, primo uditore laico al
Concilio Vaticano II. Henri Bergson sul finire della sua vita si convertì al cattolicesimo anche se
volle morire da ebreo per solidarietà con gli ebrei perseguitati. Dal suo
testamento ricaviamo infatti: “Le mie
riflessioni mi hanno portato sempre più vicino al cattolicesimo, nel quale vedo
il completamento dell’ebraismo, … voglio però rimanere fra coloro che saranno
perseguitati. …”.
È evidente che Bergson arriva al cattolicesimo più per un
rapporto sentimentale di tipo modernista che per un approccio razionale.
Scienza e Coscienza
La sua riflessione filosofica parte dall’analizzare la coscienza
e trova che fra la coscienza e l’esteriorità della scienza esiste una diversità
incolmabile. Scienza e Uomo sono su due piani completamente diversi. La scienza
ha un suo tempo, un suo oggetto di conoscenza, mentre l’uomo vive in tutt’altra
dimensione, per cui la scienza non coglierà mai cosa è davvero l’uomo e quali
sono le cose più importanti per l’uomo. Tra la scienza e l’uomo, tra la scienza
e la coscienza c’è una diversità di fondo anche nel tempo.
Il tempo nella scienza è un tempo quantificabile, è un tempo misurabile, è esterno a noi, è nello spazio, ma è
anche un tempo reversibile. Lo scienziato che adotta con rigore il metodo
galileiano, misura il tempo di un certo fenomeno, per esempio il tempo della
caduta di un grave da una certa altezza e questo lo può ripetere un numero
anche considerevole di volte ottenendo sempre lo stesso risultato. Bergson lo
paragona ad una collana di perle, tutte uguali, una dietro l’altra, ognuna
equivalente all’altra.
Questo tempo però non è il tempo dell’uomo e non è, come
vedremo, il tempo dell’essere. Il tempo della coscienza ha caratteristiche
completamente diverse. Il tempo della
coscienza è un tempo qualitativo. Un minuto dal dentista è un’eternità, un
minuto con chi si ama fugge via in un lampo. È quindi un tempo irreversibile. “È inutile andare alla ricerca del tempo
perduto” dirà Proust nei suoi sette volumi. Il tempo della coscienza, cioè
il tempo dell’uomo, è un tempo che non c’è più, il passato non ritorna. Il
tempo reversibile della scienza e il tempo irreversibile dell’uomo, sono la
dimostrazione che scienza e coscienza sono su due piani completamente diversi e
inconciliabili.
Il tempo dell’uomo è poi un tempo continuo. Questo vuol dire che è un tempo che non è fatto di istanti, ma
è come un gomitolo di lana che continua ad avvolgersi sempre più, diventando
sempre più grande, ma continuo e che non torna indietro. La coscienza ha quindi una durata e una crescita ininterrotta,
continua, irreversibile e qualitativamente irripetibile.
Materia e Memoria
Nella sua opera “Materia e memoria” Bergson cerca di
capire che rapporto c’è fra materia e la memoria, materia e la coscienza,
materia e l’intimità. Bergson dice sostanzialmente che la memoria è proprio la
stessa coscienza. La memoria è come un registratore che memorizza proprio tutto,
anche quei dati di cui non abbiamo più il ricordo. Meglio ancora, la memoria è
tutto il nostro vissuto, dalla nostra
memoria poi noi ricaviamo dei ricordi, delle immagini del passato, che
stanno nella memoria, ma sono solo una parte dell’intera memoria, dell’intero
nostro vissuto. Sono più le cose che non ci ricordiamo di quelle che ci
ricordiamo. “Nella memoria è molto più
l’oblio che non il ricordo” dirà Bergson.
Esiste poi la
percezione, come elemento conoscitivo, che è una specie di filtro con il quale
selezioniamo i dati della memoria in vista dell’azione. Per lo spiritualismo la
coscienza non è solamente gnoseologica, ma è fonte di azione, è “slancio vitale”, è la nostra vita che
va avanti.
Meccanicismo, Finalismo ed Evoluzione creatrice
Bergson, pur
essendo un uomo religioso è perfettamente in linea con la filosofia
contemporanea che ha come punto di partenza l’abbattimento dell’immutabile. Il grande Pan è morto, non
c’è nulla di immutabile, esiste solo il divenire.
Anche per
Bergson c’è solo il divenire, la nostra vita è un continuo divenire, un
inesorabile divenire. Non c’è nulla di fisso o di fermo. È la scienza che si
illude di trovare leggi e fenomeni immutabili. Questo slancio vitale, questa
vita che va avanti è in realtà la radice dell’essere. Bergson, nella sua ultima
opera “L’evoluzione creatrice” ci da la sua visione dell’essere, qual è la sua
verità sulla realtà.
Egli è lontano
sia dal meccanicismo come dal finalismo. Nel meccanicismo, ricordiamo, la vita
va avanti per cause meccaniche, per selezione naturale (darwinismo), è l’idea
che gli stati di cose presenti hanno origine dalle cose precedenti, ogni cosa è
causa di un’altra, che c’è un meccanismo inesorabile che spiega la realtà.
Per Bergson non
è così, la realtà, l’essere, l’essenza della vita, ciò che spiega il divenire e
l’evoluzione della vita non è certo il meccanicismo. Non lo è nemmeno il
finalismo. Le cose non vanno in una certa direzione perché c’è un Dio che ha
dato loro un fine. Anche la natura, così come la nostra coscienza, è sorretta e
spinta da questo slancio vitale che trova forme di vita sempre nuove, che fa
delle scelte. La stessa materia che vediamo non è altro che il risultato di
questo slancio di vita che nella materia si è come cristallizzato e fermato
nelle forme naturali che vediamo, nella coscienza dell’uomo invece è progredito
ed è arrivato a livello spirituale, ad una sorta di autoconsapevolezza. Alla
base di tutto c’è questa energia vitale.
Bergson ci dice
che per capire l’origine delle cose, cioè come si sviluppa la realtà bisogna
fare riferimento ad una immagine. Dobbiamo immaginare una scatola mezza piena
di limatura di ferro, nella quale infiliamo una mano e comprimiamo in un angolo
tutta la limatura di ferro. La mano poi svanisce. Questo agglomerato di
limatura di ferro è la realtà. Per i meccanicisti le particelle di limatura si
sono configurate in quel modo perché l’una a spinto l’altra, l’una è causa
dell’altra, fino a configurarsi così. Per i finalisti le particelle di limatura
sono invece come guidate da un Dio per conformare in quel modo, in quell’ammasso
di particelle di ferro.
Per Bergson è lo
slancio vitale, cioè una forza interna che spiega il divenire delle cose.
Quindi tutta la realtà è causata, motivata e così configurata, perché appunto
alla base di tutto c’è questo slancio vitale che sostanzialmente è la vita che
trova forme sempre nuove. Nella materia questo slancio vitale è come ricaduto
su se stesso e si è bloccato in una forma ben definita, nell’uomo e nelle forme
di vita animate, questo slancio vitale è più cosciente, per arrivare poi
all’uomo che ne è il vertice.
Questo slancio
vitale è anche a fondamento della società e della religione. Nell’opera “Le due fonti della morale e della
religione” Bergson ci dice che anche nella società , nella morale e nella
religione, questo slancio vitale può ricadere su se stesso e bloccarsi in una
morale o in comportamenti religiosi chiusi o invece aperti, cioè disponibili a
religioni, a morali e a tipi di società diversi. “Circa alla religione, alla società chiusa corrisponde una religione
statica, come quelle storiche, cristianesimo compreso. Esse, pur proclamandosi
religioni diverse, hanno però tutte un fondamento naturale comune. Tale
fondamento è lo slancio vitale. Questo slancio ha fatto sorgere la religione
statica per assicurare agli individui la necessaria compattezza sociale e
permettere loro di convivere in comunità. L’intelligenza umana infatti con le
sue caratteristiche di analisi, astrazione e scomposizione, rischierebbe di
chiudere l’individuo nel suo proprio egoismo oppure gli rivelerebbe la cruda
consistenza del suo destino: la morte, il dolore, la sofferenza. Le religioni
aperte hanno invece come protagonisti i santi, cioè persone il cui slancio vitale
e la cui carica mistica hanno avuto un vertice sommo e sono state
decristallizzate”.
La conversione
al cattolicesimo di Bergson è di fatto un sentimento mistico non è un avvicinarsi
a Dio intellettualmente con le categorie della ragione che supporta la fede e
della fede che supporta la ragione, ma più in linea con lo spiritualismo,
quello spiritualismo che ha scalzato Dio e le sue leggi per sostituirlo con la
libera coscienza di ciascuno e con quello che i sentimenti, eventualmente anche
religiosi, suggeriscono.
Il sentimento
mistico è in tutti gli uomini. In alcuni è molto forte ed in altri lo è meno.
Lo stesso Cristo non è altro che un uomo in cui il sentimento del divino ha
raggiunto il vertice massimo, ma che è pur sempre un sentimento religioso.
Enciclica di San Pio X "Sugli errori del
modernismo"
San Pio X nella sua famosa enciclica ”PASCENDI DOMINICI GREGIS”
"Sugli errori del modernismo" (definita
il testo filosofico più importante del '900) spiega quali sono gli errori del
modernismo, che si insinua anche all’interno della Chiesa stessa, e ribadisce
la necessità di farsi guidare fedelmente dal Magistero della Chiesa, da
sant’Agostino e da San Tommaso d’Aquino. Il testo è piuttosto complesso, ne
riportiamo qui alcuni punti.
“ … Or, tolta di
mezzo la naturale teologia, chiuso il cammino alla rivelazione per il rifiuto
dei motivi di credibilità, negata anzi qualsivoglia esterna rivelazione, chiaro
è che siffatta spiegazione indarno si cerca fuori dell'uomo. Resta dunque che si
cerchi nell'uomo stesso; e poiché la religione non è altro infatti che una
forma della vita, la spiegazione di essa dovrà ritrovarsi appunto nella vita
dell'uomo. Di qui il principio dell'immanenza religiosa. Di più, la prima
mossa, per così dire, di ogni fenomeno vitale, quale si è detta essere altresì
la religione, è sempre da ascrivere ad un qualche bisogno; i primordi poi,
parlando più specialmente della vita, sono da assegnare ad un movimento del
cuore, o vogliamo dire ad un sentimento. Per queste ragioni, essendo Dio
l'oggetto della religione, dobbiamo conchiudere che la fede, inizio e
fondamento di ogni religione, deve riporsi in un sentimento che nasca dal
bisogno della divinità. Il quale bisogno, non sentendosi dall'uomo se non
indeterminate ed acconce circostanze, non può di per sé appartenere al campo
della coscienza: ma giace da principio al di sotto della coscienza medesima o,
come dicono con vocabolo tolto ad imprestito dalla moderna filosofia, nella
subcoscienza, ove la sua radice rimane occulta ed incomprensibile. Che se si
chieda in qual modo da questo bisogno della divinità, che l'uomo provi in se
stesso, si faccia poi trapasso alla religione, i modernisti rispondono così. La
scienza e la storia, essi dicono, sono chiuse come fra due termini: l'uno
esterno, ed è il mondo visibile; l'altro interno, ed è la coscienza. Toccato
che abbiano o l'uno o l'altro di questi termini, non hanno come passare più
oltre; al di là si trovano essi a faccia dell'inconoscibile. Dinanzi a questo
inconoscibile, o sia esso fuori dell'uomo oltre ogni cosa visibile, o si celi
entro l'uomo nelle latebre della subcoscienza, il bisogno del divino, senza
verun atto della mente, secondo che vuole il fideismo, fa scattare nell'animo
già inclinato a religione un certo particolar sentimento; il quale, sia come
oggetto sia come causa interna, ha implicata in sé la realtà del divino e
congiunge in certa guisa l'uomo con Dio. A questo sentimento appunto si dà dai
modernisti il nome di fede, e lo ritengono quale inizio di religione.
…
Adunque il
sentimento religioso, che per vitale immanenza si sprigiona dai nascondigli
della subcoscienza, è il germe di tutta la religione, ed è insieme la ragione
di quanto fu o sarà per essere in qualsivoglia religione. Rude dapprima e quasi
informe, a poco a poco, sotto l'influsso del misterioso principio che gli diede
origine, esso e venuto perfezionandosi, a seconda dei progressi della vita
umana, di cui, come si disse, e una forma. Ecco pertanto la nascita di
qualsiasi religione, sia pure soprannaturale: esse altro non sono che semplici
esplicazioni dell'anzidetto sentimento. Né credasi già che diversa sia la sorte
della religione cattolica; anzi in tutto pari alle altre: imperocché non
altrimenti essa è nata, che per processo di vitale immanenza nella coscienza di
Cristo, uomo di elettissima natura, quale mai altro simile si vide né mai si
troverà. Nell'udir tali cose Noi trasecoliamo di fronte ad affermazioni cotanto
audaci e sacrileghe! Eppure, Venerabili Fratelli, non sono esse un parlar temerario
solamente d'increduli. Sono uomini cattolici, sono anzi sacerdoti non pochi che
così la discorrono pubblicamente; e con siffatti delirii si dànno vanto di
riformare la Chiesa! Qui, non trattasi più del vecchio errore, che alla natura
umana concedeva quasi un diritto all'ordine soprannaturale. Si va assai più
lungi; sino cioè ad afferrare che la religione nostra santissima, nell'uomo
Cristo del pari che in noi, è frutto interamente spontaneo della natura. Del
quale asserto non sappiamo qual sia mezzo più acconcio per sopprimere ogni
ordine soprannaturale. Perciò con somma ragione il Concilio Vaticano pronunziò:
"Se alcuno dirà, non poter l'uomo essere elevato da Dio a una conoscenza e
perfezione che superi la natura, ma potere e dovere di per sé stesso, con un
perpetuo progresso, giungere finalmente al possesso di ogni vero e di ogni
bene, sia anatema" (De Revel., can. III).
…
Giova
subito notare che posta questa dottrina dell’esperienza, dell’immanenza vitale,
ogni religione, sia pure quella degli idolatri, deve ritenersi vera, perché
infatti non sarà possibile che tali esperienze si incontrino in ogni religione?
E con qual diritto i modernisti negheranno la verità ad una esperienza
affermata da un’islamita? Con quale diritto rivendicheranno esperienze vere per
i soli cattolici? Ed infatti i modernisti non negano, concedono anzi, alcuni
velatamente, altri in maniera aperta, che tutte le religioni sono vere”.…
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 8 Settembre 1907, PIO PP.
X
Per il
modernismo e lo spiritualismo Dio rimane
l’inconoscibile e ogni sentimento religioso è vero, perché è vera ogni cosa che
l’uomo sente. La religione è un fatto sentimentale, non più qualcosa di
raggiungibile dalla ragione come san Tommaso si è sforzato di insegnarci. Se il
sentimento è l’unica chiave di accesso alla verità ogni religione deve
ritenersi vera. Quindi se la chiave di accesso al divino è solo il sentimento,
è solo la propria coscienza, è chiaro che allora si finisce per considerare
tutti i sentimenti veri perché non c’è più qualcosa di oggettivo.
La grande eresia del modernismo è quindi quella che vede
l’uomo arbitro di se stesso e in balia dei propri sentimenti, della propria
coscienza, e dei propri personalissimi criteri di giudizio. Cosa è bene e cosa
è male lo decide lui senza alcun riferimento esterno e libero da ogni
condizionamento imposto da chicchessia, tantomeno da autorità ecclesiastiche o
divine. Se sceglie la religione, la sceglie per un suo bisogno personale, interno
e sentimentale.
Commento all’enciclica “Pascendi dominici gregis”
Promulgata cento anni fa, l’8 settembre 1907, l’enciclica Pascendi dominici gregis, di cui abbiamo appena letto alcuni stralci,
riassume tutta
l’offensiva condotta dal Papa San Pio X contro l’errore del modernismo. Come ogni
eresia, il modernismo è un sistema in cui tutto è strettamente collegato, un
sistema costituito " non
da vaghe dottrine non unite da alcun nesso, ma di un unico corpo e ben
compatto, ove chi una cosa ammetta uopo è che accetti tutto il rimanente". Ma, a differenza di altre eresie, si tratta di un sistema che
non si presenta come tale. Ad una prima lettura essa presenta una apparenza di
oscurità e di equivoco che, su ogni singolo punto particolare ed isolato,
potrebbe indurre una benevola interpretazione dal punto di vista
dell’ortodossia.
Al n. 3, San Pio X ricorda che i modernisti " niuno li supera di accortezza e di
astuzia ", essi usano
una "sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto".
E al n. 2 afferma che si tratta di
nemici " tanto più
perniciosi quanto meno sono in vista".
Non è dunque senza motivo che San Pio X paragona questa eresia del tutto nuova e senza
precedenti ad una fogna: il
modernismo è il ricettacolo di tutte le eresie. Una fogna è invisibile
perché è sotterranea e il modernismo è esattamente una eresia sotterranea,
un’eresia che si diffonde nascostamente.
Esso si potrebbe paragonare anche ad un camaleonte, che
possiede la capacità di cambiare il colore della pelle in funzione
dell’ambiente in cui si trova. Questa
caratteristica gli permette di dare l’impressione che sia cambiato, mentre in
realtà è rimasto lo stesso. Questo
secondo paragone ci permette di comprendere perché l’analisi di San Pio X conserva ad oggi tutta la sua attualità.
Il principio primo di questo modernismo analizzato da San
Pio X è duplice.
Vi è un primo fondamento costituito dall’agnosticismo, che significa che sarebbe impossibile entrare in relazione con Dio tramite la conoscenza intellettuale. E tuttavia il modernismo non è un ateismo. Esso sfugge all’ateismo grazie all’immanenza vitale, che costituisce il secondo fondamento del sistema: si entra in relazione con Dio non tramite la conoscenza, ma per il bisogno. Questo bisogno divenuto cosciente è la fede ed è anche la rivelazione. Fede e rivelazione derivano dall’interno (la coscienza del soggetto) e non più dall’esterno (la proposizione oggettiva del dogma offerta dal magistero della Chiesa): siamo all’immanenza, dove fede e rivelazione corrispondono non ad una conoscenza, ma ad un bisogno o ad un vissuto. È il vitalismo. Sostenendo che il bisogno o l’esperienza del divino sono alla base della rivelazione e della fede, si sostituisce come principio della religione la vita (il bisogno, il sentimento, il desiderio, la propria coscienza) e non la verità.
Vi è un primo fondamento costituito dall’agnosticismo, che significa che sarebbe impossibile entrare in relazione con Dio tramite la conoscenza intellettuale. E tuttavia il modernismo non è un ateismo. Esso sfugge all’ateismo grazie all’immanenza vitale, che costituisce il secondo fondamento del sistema: si entra in relazione con Dio non tramite la conoscenza, ma per il bisogno. Questo bisogno divenuto cosciente è la fede ed è anche la rivelazione. Fede e rivelazione derivano dall’interno (la coscienza del soggetto) e non più dall’esterno (la proposizione oggettiva del dogma offerta dal magistero della Chiesa): siamo all’immanenza, dove fede e rivelazione corrispondono non ad una conoscenza, ma ad un bisogno o ad un vissuto. È il vitalismo. Sostenendo che il bisogno o l’esperienza del divino sono alla base della rivelazione e della fede, si sostituisce come principio della religione la vita (il bisogno, il sentimento, il desiderio, la propria coscienza) e non la verità.
La Chiesa per il modernismo è un vissuto collettivo, è
"il frutto della coscienza collettiva ". Questa esperienza vissuta in
comune dà vita alla tradizione vivente, cioè alla serie, continua nel tempo,
delle esperienze religiose fatte in comune. Ne deriva che la costituzione della
Chiesa non è più quella di una società monarchica, ma quella di un governo
democratico, in cui l’autorità diviene il portavoce della comunità. Da ciò
deriva anche un relativismo unico nel suo genere: tutte le religioni sono più o
meno vere. Dal momento che la religione sarebbe la comunicazione di una
esperienza, la migliore religione, e dunque la più vera, sarà quella in cui la
comunicazione corrisponde meglio ai bisogni della coscienza umana. Questa
religione esiste: è il cattolicesimo, la religione che in fondo è solo più vera
delle altre, mentre le altre, corrispondendo più o meno a questi bisogni,
rimangono buone e legittime.
Il modernismo, dunque, può riassumersi in tre grandi
postulati: la fede e la rivelazione consistono nel vivere un’esperienza; la
Chiesa è la comunione di coloro che vivono questa esperienza; il cattolicesimo
è solo il coronamento o la pienezza de questa esperienza. Non è cioè la Chiesa fondata da Gesù Cristo e data a
Pietro e agli apostoli da propagare in tutto il mondo per il bene di tutti. La
Chiesa e le Chiese sono un bisogno umano, una risposta ad un bisogno di certe
comunità. Tutte le religioni quindi vanno bene, come tutte le tisane (la
ricerca della verità sarebbe un atto discriminatorio). Allora va bene credere
alla religione e non credere ai preti, va bene interrompere una gravidanza se
non ci si sente pronti ad affrontare l’arrivo di un figlio, va bene cambiare il
coniuge se in coscienza non ci si sente più di amarlo, ecc. Cioè abbiamo tutti
il diritto di essere felici anche se questo rende infelici gli altri, perché
non c’è il peccato, non c’è un Dio che si offende se non amiamo i suoi figli,
non c’è il peccato, non c’è una autorità assoluta da rispettare. Dio è morto,
il nostro destino è solo in mano nostra e ce lo gestiamo come la nostra
coscienza ci suggerisce, con una religione o con una ideologia o con un nostro
credo personale. In altre parole non dobbiamo niente a nessuno, ma dobbiamo
essere liberi di fare le scelte che ci piacciono di più. Il modernismo è
disposto a concedere qualunque cosa pur di distogliere l’uomo dal vero Dio,
quello cristiano Uno e Trino.
Sigmund Freud e la Psicanalisi
Sigmund Freud (Freiberg, 1856 – Londra, 1939) è stato un neurologo e psicoanalista austriaco, fondatore della psicoanalisi.
Sigmund Freud è noto per aver elaborato una teoria scientifica e filosofica, secondo la quale i
processi psichici inconsci esercitano influssi determinanti
sul pensiero, sul comportamento umano e sulle interazioni tra individui. Di formazione medica, tentò di stabilire
correlazioni tra la visione dell'inconscio, rappresentazione simbolica di
processi reali, e delle sue componenti con le strutture fisiche del cervello e del corpo umano, speculazioni che hanno
trovato parziale conferma nella moderna neurologia e psichiatria.
Nella psicoanalisi l'impulso sessuale e le sue relazioni sono alla base dei processi interpretativi. Molti
dissensi dalle teorie di Freud, e quindi indirizzi di pensiero alternativi (Adler, Jung e altri) nascono dalla contestazione del ruolo, ritenuto eccessivo,
riconosciuto da Freud alla sessualità.
In un primo momento si dedicò allo studio dell'ipnosi e dei suoi effetti nella cura di pazienti psichiatrici, influenzato
dagli studi di Josef Breuer sull'isteria, in particolare dal caso Anna O. (ossia Bertha Pappenheim, futura fondatrice dei
movimenti di assistenza sociale e di emancipazione femminile), al quale
s'interessò sulla base delle considerazioni di Charcot, che individuava nell'isteria un disturbo della psiche e non una simulazione, come
ritenuto fino ad allora. Dalle difficoltà incontrate da Breuer nel caso, Freud
costruì progressivamente alcuni principi basilari della psicoanalisi relativi alle relazioni medico-paziente: la resistenza e il transfert.
Di questo periodo furono le intuizioni che formano il nucleo della
psicoanalisi: il metodo d'indagine mediante l'analisi di associazioni libere, lapsus (da cui il lapsus freudiano), atti involontari, atti mancati e l'interpretazione dei sogni, e concetti come la pulsione (Eros e Thanatos), le componenti dell'inconscio e della coscienza (Es, Io, Super-Io, in sintesi: Es è il subconscio istintivo,
primordiale, derivante dalla natura umana e spinto dalle pulsioni sessuali, Io rappresenta la parte emersa,
cosciente, Super-Io una super-coscienza maturata dalla
“civilizzazione” dell'uomo, il codice di comportamento), il Complesso di Edipo, la libido e le fasi dello sviluppo psicosessuale.
Le idee e le teorie di Freud - viste con diffidenza negli ambienti
della Vienna del XIX secolo - sono ancora oggi dibattute, non solo in ambito medico-scientifico, ma
anche accademico, letterario, filosofico e culturale. Molti hanno messo in
discussione l'efficacia terapeutica della psicoanalisi. Di questo fatto, lo stesso Freud era probabilmente
consapevole.
Freud e la modernità
La
modernità, abbiamo già detto, vuole affrancarsi dalla fede e appoggiarsi
esclusivamente alla ragione, vuole rompere definitivamente l’armonia e
l’equilibrio Fede Ragione su cui tanto avevano lavorato Sant’Agostino e San
Tommaso. Ne nasce quindi il razionalismo e il fideismo che prendono ciascuno
una propria strada. Rimane al centro a portare avanti il sodalizio Fede e
Ragone la sola Chiesa cattolica che di fatto avrà entrambi contro, anche perché
ne evidenzierà di volta in volta gli errori e i disastri che questi errori
provocheranno sugli individui come sui popoli.
Nascono
come sappiamo le scienze moderne che di fatto si sostituiscono alla loro madre:
la filosofia che le ha generate con la sua ricerca della verità e dei perché
delle cose, di Dio, dell’uomo e del mondo. La filosofia già trattava tutti i
temi attuali, quelli scientifici, quelli psicologici, di coscienza, quelli
riguardanti le relazioni umane, la società, la politica, l’economia, ecc. solo
che queste scienze moderne rivendicano ora l’introduzione di un nuovo metodo di
indagine, il metodo sperimentale per spiegare queste cose. Si vuole cioè
sperimentare il tentativo di interpretare ogni aspetto della realtà sulla base
di un modello meccanicistico che per sua natura e solo quantitativo e per nulla
qualitativo. È possibile allora applicare la scienza alla psiche? Il metodo
scientifico alla società? All’uomo?
Altra
considerazione è che la modernità non cerca più l’epistème, quella realtà che
sotto le cose, che sottostà a tutto e che la ragione conosce in modo
incontrovertibile. L’uomo non ha più gli strumenti per combattere il flusso e
l’angoscia del divenire. L’uomo si rivolge verso un’altra meta, utilizza
un’altra idea della realtà.
La scoperta dell’Inconscio
È
in questo contesto che si inserisce Freud e la sua scoperta dell’inconscio.
Prima di lui tutti i nostri contenuti mentali si identificavano con la
coscienza. La psiche in fondo è ciò che io penso, ciò che è evidente a me
stesso. Freud ritiene che la maggior parte dei nostri contenuti mentali sta
invece al di fuori della coscienza, ma dentro la psiche (la nostra testa).
Questo luogo è il nostro inconscio dove si svolge la maggioranza della nostra
vita psichica. La coscienza è invece come la punta dell’iceberg, cioè noi ci
concentriamo solo sulla punta di questo iceberg e non ci rendiamo conto che
questa è solo il conscio e lo pensiamo come il tutto, ignorando tutto il resto
dell’iceberg che non conosciamo ma che
sarebbe utile poter indagare per conoscerlo e per conoscerci meglio.
L’inconscio è diviso in due zone, il
preconscio e il rimosso (l’inconscio vero e proprio). Nel preconscio vanno a
finire quei ricordi che sono solo momentaneamente inconsci e che con un più o meno piccolo
sforzo possono essere portati nel conscio. Nell’inconscio vero e proprio finiscono i nostri contenuti
mentali che per qualche motivo abbiamo immagazzinato lì, cioè abbiamo rimosso
dal conscio per abbandonarli nell’inconscio.
Le associazioni libere
Questi
vissuti rimossi sono spesso la causa di disturbi psichici che Freud cerca di
far emergere per curarli. Dopo aver sperimentato con poco successo l’ipnosi
individuerà il metodo delle associazioni libere. Cioè a mezzo di un rapporto
dialogico Medico Paziente, in ambiente confortevole con poltrone e divano, come ormai da tempo
abbiamo visto in molti film americani. Questo favorisce l’abbandono del
paziente nei propri pensieri che, guidati poi abilmente dalla psicologo, vanno
a esplorare l’inconscio e le cose rimosse che ci stanno dentro.
Il transfert
È il trasferimento sulla
persona del medico, di stati d’animo
ambivalenti (amore e
odio) vissuti dall’individuo nei
confronti delle figure genitoriali. È il
risultato del dialogo Medico Paziente che permette questo transfert attraverso
il quale il Medico riesce a capire i contenuti rimossi della psiche del suo
Paziente. Li riesce a capire quando sono stati d’animo negativi sentendosi
addosso l’odio del figlio non amato dal genitore o stati d’animo positivi d’amore
del figlio che cerca di piacere al genitore impersonato dal medico. Questo
permette al medico di farsi una ragione di tali stati d’animo e di aiutare il
Paziente a trovare il modo più adatto per gestirli, per non temerli o per
superarli in modo maturo e responsabile. La scoperta di Freud è quindi quella
di poter curare situazioni patologiche che apparentemente non hanno soluzioni,
finché non se ne capisce la vera causa, perché questa è stata rimossa
inconsciamente dal paziente stesso.
I luoghi della Psiche
IL CONSCIO, IL PRECONSCIO E L’INCONSCIO.
L’ES, l’IO, il SUPER IO.
Secondo
Freud l’apparato psichico è composto da luoghi diversi, un primo gruppo di
questi contiene il Conscio, il Preconscio e l’Inconscio e lo abbiamo già
considerato ed un altro gruppo l’ES, l’IO e il SUPER IO che ora prendiamo in
considerazione.
Freud
chiama ES la più antica delle provincie della psiche. Il suo contenuto è tutto
ciò che è ereditato, presente fin dalla nascita, stabilito per costituzione.
Innanzi tutto quindi le pulsioni primitive che traggono origine dalla
organizzazione corporea. È l’Inconscio inteso come l’altro, l’essere
sconosciuto che vive in ognuno di noi. Il SUPER IO è quell’area della psiche
che comunemente è detta Coscienza o Senso del Dovere. Essa nasce
dall’interiorizzazione delle regole e dei divieti ricevuti dall’educazione
familiare nei primi anni di vita ed ha una funzione di giudice e di censore nei
confronti dell’IO. Il SUPER IO agisce in gran parte a livello
dell’Inconscio. L’IO o l’EGO è la parte
consapevole della psiche, l’unica a diretto contatto con il mondo esterno, in
esso trovano posto tutte le tradizionali facoltà dell’anima come descritte fin
dall’antichità: sensazione, pensiero, fantasia, memoria, intelletto. L’IO
mediando fra istintualità dell’ES e i divieti del SUPER IO è perennemente al
lavoro per mantenere quel delicato equilibrio in cui consistono la salute
mentale e la personalità dell’individuo.
L’ES
è quindi questo polo pulsionale della personalità ed è una forza impersonale e
caotica che sta comunque alla base della nostra essenza. Freud dirà che è un
calderone di eccitamenti e di ribollimenti, è una forza amorale, non conosce né
il bene né il male, non conosce la logica, è estraneo al principio di non
contraddizione e comunque è una forza che ci spinge, ci stimola.
A questo si contrappone il SUPER IO, cioè la “Coscienza morale” e
l’insieme di norme e regole (e proibizioni) che fin da piccoli abbiamo ricevuto
e che pongono un argine agli sconfinamenti dell’ES e che questi possa rovinare
la nostra esistenza. L’IO è infine la parte organizzata della personalità, che
è quella parte che si deve equilibrare, dice Freud, fra tre padroni, il caotico
ES, il severo SUPER IO e il mondo esterno. Freud annota che il SUPER IO può
creare dei problemi ma è necessario per evitare che l’ES ne crei di maggiori.
L’IO è in gran parte emerso
dall’inconscio, l’ES è totalmente annegato nell’inconscio, il SUPER IO è
prevalentemente immerso nell’Inconscio.
Normalmente l’EGO riesce a
mediare intelligentemente i “tre padroni”, ma quando no ci riesce nascono i
problemi.
Se il SUPER IO è troppo debole, l’ES prende il sopravvento e ne
nascono comportamenti asociali, indesiderati o proibiti come il delinquere o le
perversioni, cioè comportamenti fuori controllo. Se il SUPER IO è troppo rigido
nei confronti delle pulsioni dell’ES subentra la “rimozione”, ovvero questi
istinti e impulsi dell’ES vengono rimossi e accumulati nell’inconscio. Il
problema è che queste pulsioni ad un certo punto premono fortemente per uscire
e tentano di venire fuori, cioè di invadere l’IO provocando delle vere e
proprie nevrosi.
La psicanalisi cerca di capire cosa scatena nella persona queste
nevrosi o questi comportamenti asociali cercando di rafforzare il SUPER IO o di
ammorbidirlo. Naturalmente la cosa non è così semplice e spesso ci vogliono
anni di analisi e non sempre questi problemi si risolvono davvero, non sempre
traumi infantili o rapporti difficili con i genitori scoperti scavando
nell’inconscio sono davvero causa di rapporti difficili con altri, di sofferenze
o di disagi o di comportamenti criminali. Questi comunque sono alcuni concetti
base che hanno fatto scuola, ma molti sono gli psicologi e gli psichiatri che
poi hanno percorso strade diverse.
Secondo Freud i problemi più comunemente rimossi sono problemi di
natura sessuale. Questa è forse la sua teoria più controversa, quella che poi
per reazione ha fatto nascere altre scuole di pensiero.
Freud comunque porta in campo una teoria che stravolge
completamente la visone della sessualità, tanto che essa ha una storia pre
freudiana ed una post freudiana. Prima di Freud infatti la sessualità, era dato
per scontato, che fosse come la morale sessuale cristiana dettava, cioè che la
si scoprisse a poco a poco con lo sviluppo della persona (infanzia, pubertà,
adolescenza, maturità) e che si completasse poi nel rapporto matrimoniale con
la finalità della procreazione. Morale cristiana che ha un tempo, il
matrimonio, ha un luogo, la famiglia, ha uno scopo, l’unione degli sposi
(saranno un solo corpo) e la procreazione.
È questa l’impostazione che Freud vuol dimostrare essere assurda e
che lo collocherà decisamente fra, i materialisti, i meccanicisti, nonché gli
scientisti e i modernisti dei quali sarà una bandiera.
La Libido
La teoria freudiana afferma che la sessualità è una forza che il
bimbo ha sin da quando viene al mondo. Questa sessualità ha un valore più
profondo della semplice genitalità e la chiama LIBIDO. È questa una forza che
orienta l’uomo verso le cose più disparate, è una pulsione irrefrenabile, di
cui la parte genitale è certamente centrale, ma non l’unica. L’uomo allora deve
imparare a conoscerla per poterla gestire al meglio, cioè per non soffocarla e
non rimuoverla, ma lasciare che segua il suo corso seppur sotto controllo.
Il bambino per Freud
è un essere perverso e polimorfo. Perverso perché non pensa alla sua sessualità
finalizzata alla procreazione e quindi per la morale corrente (cattolica) è un
perverso. Polimorfo perché le sue zone erogene (generatrici di piacere) sono in
diversi punti del suo corpo che scopre mammano. Sperimenta dapprima la fase
orale, poi quella anale ed infine quella genitale (intorno ai tre anni) quando scopre il proprio sesso.
Il complesso di Edipo
Si basa sul mito greco di Edipo, che, a sua insaputa, uccise suo padre Laio, e, altrettanto inconsapevolmente, sposò sua madre Giocasta.
Nella
concezione classica freudiana, il complesso edipico indica un insieme di desideri sessuali ambivalenti che il bambino prova nei confronti delle figure
genitoriali. Relativamente alle fasi dello sviluppo psicosessuale, esso insorge durante la fase fallica
o fase genitale (3 anni) e il suo
superamento introduce al periodo di latenza (6 anni).
Si
tratta di un atteggiamento ambivalente di desiderio di morte e sostituzione nei
confronti del genitore dello stesso sesso e di desiderio di possesso esclusivo
nei confronti del genitore di sesso opposto. Questi sentimenti sono non solo
ambivalenti ma anche vissuti negativamente (in maniera opposta), cioè i ruoli
dei due genitori (amato e odiato) si scambiano alternandosi.
Ascoltando i discorsi, le fantasie e i sogni dei suoi pazienti, Freud aveva maturato l'ipotesi che essi manifestassero quei sintomi a causa d'un trauma sessuale risalente alla
prima infanzia (teoria della
seduzione), e che avevano rimosso a causa di un inconscio meccanismo di
difesa.
Fu proprio questa prima ipotesi freudiana a scatenare l'indignazione dei
benpensanti contro la psicoanalisi, per il fatto stesso che essa implicava non
solo il postulato del bimbo come perverso polimorfo, dotato d'una propria sessualità
infantile,
ma anche l'abuso sessuale di cui l'infanzia è
oggetto.
L'impostazione
di tale problematica ha segnato, fin dagli albori del movimento psicoanalitico,
il dissidio Freud-Jung e poi la scissione degli psicoanalisti di orientamento
junghiano dall'Associazione Internazionale di Psicoanalisi.
Freud filosofo?
Freud
è un medico, ma di fatto ha costruito una filosofia. Questa filosofia avrà un
particolare successo negli anni ’60 e sfocerà nella così detta “rivoluzione
sessuale” che tenderà a smantellare l’oscura e retrograda morale sessuale
cattolica. Questa rivoluzione sessuale farà molta strada ed oggi ci prova a
smantellare anche l’intero istituto della famiglia. La teoria del gender, per esempio, parte proprio da qui. Freud è
riuscito a slegare da ogni responsabilità l’uso e l’abuso della propria
libertà, del proprio piacere, del proprio egoismo, e non solo nel campo
sessuale, perché ci ha convinti che il male è colpa del poco controllabile ES e
le nevrosi derivano dagli eccessivi freni del SUPER-IO. Non esiste il peccato e
tantomeno il peccato originale.
Una curiosità a questo proposito è che santa Brigida di Svezia (madre di otto figli) canonizzata nel 1391 e
compatrona dell’Europa si era
preoccupata già allora di sostenere il Papa nella sua opera di salvaguardia
della Famiglia cristiana con preghiere che ancora oggi molti fedeli recitano quotidianamente (le
preghiere di Santa Brigida).[Ndr]
Paul Ricœur (1913 – 2005)
Paul Ricœur, prolifico
filosofo francese, noto per aver formulato le tre principali aree di
fragilità dell’uomo moderno, origine di ansie e paure: l’Avere, il Valere e il
Potere.
L’AVERE la cui precarietà
procura indigenza, povertà e solitudine.
Il VALERE la cui assenza procura vergogna, cattiva immagine di sé,
autodisistima, depressione.
Il POTERE la cui mancanza procura Impotenza, sensi di colpa e di
nullità
Ma Paul Ricœur è
ancor più noto per aver criticato il pensiero di Marx, Freud e Nietzsche
definendoli «i maestri del sospetto».
I maestri del sospetto
Sono identificati in Marx, Freud
e Nietzsche e sono così classificati da Paul Ricœur perché hanno in comune il fatto che entrano dentro
il dubbio cartesiano che recitava che la realtà in fondo era ambigua, ma una
cosa era veramente certa: la propria coscienza. “Io penso” è evidente. La
coscienza evidenzia se stessa. Questi pensatori però la mettono in dubbio. Non
esiste più la coscienza, perché essa è il prodotto di qualcosa che non è
cosciente. Per Marx è la struttura economica e la coscienza è una
sovrastruttura, per Freud è l’inconscio, per Nietzsche, come vedremo, è la
volontà di potenza. Il dubbio quindi passa dalle cose del mondo alla coscienza.
È indubbio quanto questi
pensatori hanno influenzato il XX secolo
mettendo in ombra tutti gli altri e determinando sconvolgimenti epocali di cui
ancora oggi subiamo le conseguenze catastrofiche. Le loro idee si basano su di
un principio fondamentale: Dio non deve esistere più, la religione ha fatto la
sua epoca (era giustificata dalla nostra ignoranza). Compresa l’importanza
dell’economia e sistemata la base economica della società, la religione scompare,
non ha più nessuna ragione d’essere. Per Freud poi la religione è una nevrosi
collettiva, è una malattia mentale. Il riferimento al padre celeste non è altro
che la proiezione psichica del rapporto con il padre in vita. La religione è
solo un passaggio (Comte). Nietzsche poi annuncia che “Dio è morto” cioè a Dio
non ci crediamo più, ci siamo emancipati, ci siamo scrollati di dosso questo
falso bisogno di Dio. Se davvero Dio non c’è, le filosofie dei maestri del
sospetto e del dubbio hanno vinto su tutti i tavoli. Ne erano così convinti che
erano sicuri che prima della fine del secondo millennio non sarebbe più esistita
ombra di religione e nemmeno ingiustizie sociali (questi i loro frutti: il
Comunismo, il Nazional socialismo, il Capitalismo, il Liberalismo, il
Relativismo, ecc.). Senza Dio, non si può fare nulla di buono. Questo il
demonio la sa benissimo, è lui il vero maestro del sospetto, è lui che ha
inventato la religione del dubbio.
Alfred Adler ( 1870 – 1937)
Alfred
Adler è stato un moderno psichiatra e psicoterapeuta austriaco. Nacque
a Vienna, da una famiglia ebraica ungherese. Fu con Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, fondatore della psicologia psicodinamica. Il forte contrasto fra le concezioni di Adler
sulla genesi delle nevrosi e la teoria di Freud, lo portò a staccarsi da lui e a fondare
la "Società per la Libera
Psicoanalisi". Spostando l’attenzione sulla visione teleologica, cioè
sulla dottrina filosofica del finalismo, che concepisce
l'esistenza umana indirizzata
alla realizzazione di uno scopo della propria vita anche nelle sue azioni involontarie e inconsapevoli che tuttavia realizzano un fine. Visse tra la fine dell'Ottocento ed i
primi decenni del Novecento, un periodo particolarmente fertile quanto ad
innovazioni scientifiche e culturali.
La Psicologia Individuale Comparata di Adler è una teoria
dell'uomo ad orientamento olistico, teleologico e fenomenologico.
Mantiene un atteggiamento critico nei confronti delle religioni, che considera come
mezzo per lo sviluppo del sentimento sociale ma che, attraverso dogmi e proibizioni, in qualche modo, limitano il Sé e la libera
espressione del pensiero scientifico. È da segnalare che nel 1904 Adler si era convertito al Protestantesimo, da lui motivato con
la personale necessità di passare da una religione ristretta ad un'unica etnia
(l'Ebraismo) ad una fede universale meno rigida.
Viktor Frankl (Vienna, 1905 – Vienna, 1997)
Eccezionale
neurologo, psichiatra e filosofo austriaco fondatore dell'analisi
esistenziale, della logoterapia e della “Terza Scuola Viennese di Psicoterapia”, metodo che tende a evidenziare il nucleo profondamente
umano e spirituale dell'individuo (in antitesi con le teorie freudiane). Partito
come medico psichiatra allievo di Freud e come lui ebreo, ci fa di nuovo
respirare la serenità della riconciliazione con Dio e le sue certezze. La sua
più che una terapia è una filosofia. Non possiamo non parlarne, se non altro
perché è una voce fuori dal coro dell’imperante modernismo e di un ebraismo
chiuso al cristianesimo, anzi ne è un ammiratore pur rimanendo ebreo. Il suo
principale allievo e traduttore di tutte le sue opere è il sacerdote cattolico
don Eugenio Fizzotti che sarà poi il presidente dell’Associazione di Analisi
esistenziale e Logoterapia frankliana.
Da giovane
psichiatra si occupa di un problema che lui sente gravissimo, quello del
crescente numero di giovani che si suicidano, da lì lo sviluppo di studi e di
ricerche sul senso della vita che molti giovani non riescono a trovare nel modernismo.
Dal 1942 al 1945 fu
prigioniero in quattro campi di
concentramento nazisti, tra
cui Auschwitz e Dachau.
A partire
dall'esperienza della deportazione scrisse i volumi “Alla ricerca di un significato
della vita” e “I
fondamenti spirituali della logoterapia”. Secondo Frankl, quando l'individuo non si
sente "significativo", cerca compensazioni o gratificazioni
artificiali (droghe chimiche
e psichiche) o assume atteggiamenti di potenza (comportamenti distruttivi ed
autodistruttivi).
« Che
cos'è, dunque, l'uomo? Noi l'abbiamo conosciuto come forse nessun'altra generazione
precedente; l'abbiamo conosciuto nel campo di concentramento, in un luogo
dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro, potere, fama,
felicità; un luogo dove restava, non ciò che l'uomo può "avere", ma
ciò che l'uomo deve essere; un luogo dove rimaneva unicamente l'uomo nella
sua essenza, senza dignità, consumato dal dolore e purificato dalla
sofferenza (come Cristo in croce:
nudo e sofferente). Cos'è, dunque,
l'uomo? Domandiamocelo ancora. È un essere che decide sempre ciò che è».(Tratto
da: Viktor Frankl “Homo patiens. Soffrire con dignità” Ed. Queriniana Brescia).
|
La filosofia e la fede sono temi che Frankl, nelle sue opere, ha sempre affrontato
e, sia in qualità di psichiatra che di uomo, si è interessato al senso della
vita arrivando all’idea che non è l’uomo che si deve interrogare sul senso della vita, bensì è la vita che pone all’uomo degli interrogativi a cui
deve saper rispondere per condurre una vita di significato assumendosi la
responsabilità della sua esistenza. Il suo amor fati (Spinoza) lo porta a pensare che ogni cosa che capita durante la vita
abbia un significato e non sia solo opera del caso. Ed è proprio il destino dell’uomo che, recando in sé la concretezza della vita, lo
pone di fronte a delle prove che deve affrontare in modo da sperimentare
possibili valori da realizzare che elevino il suo spirito interiore. (Per saperne di più vedi: http://www.logoterapia.it da cui sono ricavati alcuni degli articoli che seguono).
L’analisi
esistenziale
L’analisi esistenziale di Frankl è un approccio positivo ed
ottimistico in quanto cerca di potenziare le risorse dell’uomo piuttosto che
soffermarsi a individuarne le patologie (l’esatto contrario della psicanalisi
freudiana). La fiducia nelle forze umane è infatti un aspetto fondamentale di
tale approccio e Frankl ha sperimentato in prima persona le sue precedenti
intuizioni. Come ebreo conobbe un destino di tortura ed esilio ma la
convinzione che la vita non avesse perduto il suo significato lo aiutarono a
sopravvivere (come scritto nel suo
famosissimo “Uno psicologo nel
Lager” ed. ARES Milano). Sostiene che la ricerca di significato è un
aspetto primario del nostro essere, ed è applicabile ovunque la volontà del
significato è repressa, bloccata o ignorata. La Logoterapia di Frankl è stata
definita la “Terza Scuola Viennese di Psicoterapia” successiva alla
Psicoanalisi Freudiana e alla Psicologia Individuale Adleriana. Con le sue
teorie Frankl intende restituire all’uomo la totalità e l’unicità del suo
essere. L’uomo è un essere alla ricerca del senso della propria vita e finché
non risponde al compito che gli è stato affidato dalla vita stessa, non
raggiungerà la realizzazione di sé. La domanda spesso posta: “Qual è il
significato della vita?” merita la risposta: “ E’ come chiedere ad un giocatore
di scacchi qual è la migliore mossa nel gioco?” Non esiste risposta a nessuno
dei due quesiti perché ogni movimento dipende dalla concreta situazione del
gioco, dalle mosse dell’avversario, da fattori esterni, così il significato
della vita cambia da uomo a uomo, da momento a momento, da ogni singola ed
unica situazione, in questo consiste la sfida dell’uomo.
La Logoterapia
La Logoterapia ritiene che, malgrado il crollo delle tradizioni,
e l’annullamento dei valori, la vita ha comunque un senso per tutti gli uomini,
anche se non lo stesso, e insegna che persino gli aspetti tragici e negativi
del destino umano possono essere trasformati in prestazione, maturazione e
crescita, quando, di fronte ad essi si riesce ad assumere il giusto
atteggiamento. “Chi ha un perché per vivere può sopportare un qualsiasi come”
scriveva anche Nietzsche. La nostra esistenza va considerata come un dono
ricevuto e il modo in cui apriamo questo dono ci aiuta ad accettare il
contenuto. Si può gioire o soffrire, ma è sempre comunque indispensabile
riconoscere l’insostituibilità e il valore del dono che ci è stato offerto.
Logoterapia
e analisi esistenziale.
Letteralmente vuole dire “terapia mediante il significato, si tratta di un
approccio terapeutico che sostanzialmente aiuta l’uomo a ritrovare il senso
della propria vita. Le tre colonne portanti su cui si basa sono: la libertà
della volontà (antropologia), la volontà di significato (psicoterapia), il
significato della vita (filosofia).
Logoterapia significa anche educazione alla responsabilità, il
compito del logoterapeuta è risvegliare nella coscienza del paziente la sua
responsabilità e incoraggiare a fare di conseguenza le sue scelte, senza
permettergli di scaricare su altri la responsabilità delle proprie decisioni.
Non si tratta di persuadere o di inculcare una metodologia, ma di garantire il
rigore e la serietà del processo analitico dell’esistenza senza volerlo
concludere in una soluzione definitiva ed affrettata.
In questa prospettiva l’abilità del terapeuta diviene
fondamentale e la Tecnica è quella del DIALOGO SOCRATICO, con cui si aiuta il
paziente ad aprirsi ad una nuova visione del mondo. Con abili domande, il
Terapeuta pone l’altro in condizione di ricavare da se stesso la verità che
porta dentro. Utilizzando il metodo maieutico, si rinuncia a mettere il proprio
io al centro della ricerca dei significati esistenziali, con il rischio di
chiudersi drammaticamente solo in sé stessi (autosoffocamento), ma ci si apre
agli altri e al mondo..
L’Autotrascendenza
Per la logoterapia: la
capacità di orientarsi al di la di sé stessi, attraverso dei significati da
realizzare, persone da amare o cause da servire è la principale finalità dell’uomo.
L’uomo impegnato con tutto il suo essere nella realizzazione di un compito o
conseguimento di uno scopo dimentica sé e realizza l’autotrascendenza. L’uomo
non è considerato un sistema chiuso ma aperto verso qualcuno o qualcosa diverso
da sé. Il pensiero frankliano va oltre l’autorealizzazione (meta terapeutica
delle scuole umanistiche di cui pure fa parte la logoterapia), affermando che
questa è piuttosto un effetto collaterale dell’autotrascendenza. E’ necessario
cominciare con sé stessi ma non finire con sé stessi, conoscersi ma non
preoccuparsi di sé, occorre una meta che sia al di fuori di sé stessi. La
logoterapia si pone nella prospettiva di passare la visione immanentistica e
soggettivistica e raggiungere il livello della trascendenza nella vita
dell’uomo, trascendenza non fine a se stessa ma orientata verso la concretata
realizzazione dei valori del significato. L’amore è per eccellenza
un’esperienza di autotrascendenza.
La sottostante autocaricatura di Viktor Frankl vuole anche dirci come il suo metodo di
analisi esistenziale è molto lontano, meglio opposto, a quella freudiano (1) e adleriano (2) e
quindi lontano dalla filosofia contemporanea anche se siede con pieno diritto al
terzo posto, seppur di spalle come la sua autoironia gli suggerisce. Cioè la
sua scuola, come abbiamo già detto, è la
“Terza Scuola Viennese di
Psicoterapia” successiva alla Psicoanalisi Freudiana e alla Psicologia
Individuale Adleriana e quindi la più attuale. Altra considerazione è
che la logoterapia frankliana non si configura come una scienza, ma come una filosofia
che mina alla base le teorie moderniste e per questo la sua diffusione è
contenuta, se non addirittura osteggiata. Infatti fa fatica ad inserirsi
ufficialmente nel mondo della psichiatria moderna ed è particolarmente invece
apprezzata nel mondo cattolico e nelle sue numerose attività di recupero dei
tossicodipendenti e dei disperati (disperati
per il vuoto che il modernismo ha creato nei loro cuori). Sono poi famose le
critiche ricevute quando in più di una conferenza dichiarò che era stato
testimone nei Lager di episodi di pietà e di aiuto umano fatti nascostamente da
parte di qualche graduato nazista che per questo ha rischiato la vita se fosse
stato scoperto dai suoi superiori. Questa testimonianza alcuni ebrei e alcuni
comunisti non gliel’hanno mai perdonata. . (Vedi anche:
Fizzotti E., “Logoterapia per tutti.
Guida teorico-pratica per chi cerca il senso della vita”, Rubbettino, 2002).
Vita significativa e
confronto con Maslow
Tra il 1943 e
il 1954 lo psicologo statunitense Abraham
Maslow concepì il concetto di
"Hierarchy of Needs" (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò
nel libro Motivation and
Personality del 1954. Questa
scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari
(necessari alla sopravvivenza dell'individuo) ai più complessi (di carattere
sociale). L'individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono
essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente
conosciuta come "La piramide di Maslow".
I livelli di
bisogno concepiti sono:
5.
Bisogni di realizzazione
di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente
nel gruppo sociale).
Le idee giovanili
di Frankl, dopo la sua esperienza nel lager, erano diventate senz’altro più
mature e più precise e presero le distanze da quelle dell’allora più che famoso
psicologo americano Abraham Maslow, del quale
abbiamo appena visto la sua altrettanto famosa “piramide”. Frankl era
fermamente convinto che l’essere umano, più che dal bisogno, è mosso dal
desiderio di significato. Una “vita
significativa” per Frankl è una vita ricca di compiti; dove il compito è un
appello alla nostra capacità di rispondere ad un problema nella convinzione di
poterlo risolvere[31]. È proprio in una vita
fatta di compiti che l’uomo può sperimentare la sua libertà in quanto si
riconosce libero di agire facendo perno sulle sue risorse, anche se ciò
"comporta uno sforzo e proprio perché comporta uno sforzo". Queste
idee portarono Frankl ad una divergenza con Maslow. Quest’ultimo aveva elaborato, come abbiamo
visto, la “teoria piramidale dei bisogni” alla
cui base c’erano i bisogni fisiologici e all’apice quelli psicologici; egli
sosteneva che un uomo poteva ambire ai bisogni superiori o psicologici solo
qualora avesse soddisfatto quelli carenziali. Frankl, dal canto suo, forte
dell’esperienza da prigioniero rispose a Maslow con queste parole:
« La
distinzione di Maslow tra bisogni più alti e bisogni più bassi non ci dà la
spiegazione del fatto che, quando quelli più bassi non vengano soddisfatti,
un bisogno più alto, quale la volontà di significato, può diventare il più
urgente di tutti. Poiché, dunque, sia il soddisfacimento come la frustrazione
dei bisogni più bassi può provocare nell’uomo la ricerca di un significato,
ne consegue che il bisogno di significato è indipendente da altri bisogni. Da
ciò si deduce che esso non può essere ridotto a essi né ricavato da
essi » (Viktor Frankl)
|
PROGRAMMA incontri della quarta tappa:
l'eclissi della ragione
- 4t-1-La reazione a Hegel: Schopenhauer e Kierkegaa...
- 4t-2-La sinistra hegeliana: Feuerbach e Marx
- 4t-3-Positivismo e Darwinismo
- 4t-4-Spiritualismo e Psicanalisi
- 4t-5-Nietzsche: la morte di Dio
- 4t-6-Nietzsche: l'oltreuomo
- 4t-7-La Fenomenologia di Husserl
- 4t-8-Heidegger e l'esistenzialismo
- 4t-9-Idealismo italiano
- 4t-10-Neopositivismo e Pragmatismo americano
- 4t-11-La Scuola di Francoforte e Popper
- 4t-12-L'Ermeneutica di Gadamer e Benedetto XVI
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