mercoledì 24 maggio 2017

4t-4-Spiritualismo e Psicanalisi

Le slides e la Dispensa

















































Spiritualismo

Lo Spiritualismo nasce in contrapposizione al positivismo. Il positivismo infatti considera esclusivamente la realtà esterna al soggetto, i fatti, le cose scientificamente dimostrabili e rifiuta e quasi disprezza ogni riferimento alla realtà interna dell’uomo. Viceversa lo spiritualismo proprio di questo si interessa.
Lo spiritualismo, che ha come suo autore principale il francese Bergson, dà invece importanza fondamentale al perché delle cose, alle domande fondamentali, al perché dell'uomo, al perché della vita, al problema della coscienza. Anzi pone proprio al centro della sua riflessione la coscienza dell'uomo. La coscienza come fonte che origina le azioni dell'uomo e che lo sprona ad indagare sulla realtà, su quella realtà che ha una radice spirituale. Si sviluppa un pensiero che si convince che dietro ogni fenomeno, ogni materia vi è una radice spirituale, uno spirito. A questo spirito si accede attraverso la coscienza. La Coscienza è l'oggetto privilegiato dello spiritualismo.
Da qui nasce l'interrogativo: qual è la realtà di cui si deve occupare la filosofia e quale sia la via di accesso a questa realtà. Per gli spiritualisti la via di accesso a questa realtà è la Coscienza. Questa non ha soltanto una funzione conoscitiva, cioè gnoseologica, ma ha essenzialmente una funzione pratica di generatrice di attività.
Lo spiritualismo che si sviluppa in Francia, ma poi anche in altri paesi europei, pone al centro la Coscienza e la rende una chiave d'accesso per l'uomo che vuol conoscere la realtà. Il motore della conoscenza e dell'azione dell'uomo è la Coscienza.
Questa idea è stata al centro di una delle più grandi eresie che il mondo cristiano ha conosciuto, cioè il “modernismo” che San Pio X  definì la somma di tutte le eresie. Dallo spiritualismo muove le sue mosse Mourice Blondel e anche lo stesso Bergson che si troveranno in pieno contrasto con la dottrina cattolica.

Henri Bergson (1859 – 1941)

Henri Bergson, di origine ebraica, ha vissuto a Parigi e i suoi scritti più importanti sono “I Saggi sui dati immediati della coscienza”, “Materia e Memoria” che tratta del rapporto fra la materia e l’anima, cioè la propria interiorità, e l’”Evoluzione creatrice” che lo metterà in contrasto con la dottrina cattolica. Muore nella sua Parigi quando questa viene occupata dai nazisti. È stato il filosofo di riferimento del grande intellettuale del ‘900 Jean Guitton, esponente del pensiero cattolico, nominato, da papa Paolo VI, primo uditore laico al Concilio Vaticano II. Henri Bergson sul finire della sua vita si convertì al cattolicesimo anche se volle morire da ebreo per solidarietà con gli ebrei perseguitati. Dal suo testamento ricaviamo infatti: “Le mie riflessioni mi hanno portato sempre più vicino al cattolicesimo, nel quale vedo il completamento dell’ebraismo, … voglio però rimanere fra coloro che saranno perseguitati. …”.
È evidente che Bergson arriva al cattolicesimo più per un rapporto sentimentale di tipo modernista che per un approccio razionale.

Scienza e Coscienza

La sua riflessione filosofica parte dall’analizzare la coscienza e trova che fra la coscienza e l’esteriorità della scienza esiste una diversità incolmabile. Scienza e Uomo sono su due piani completamente diversi. La scienza ha un suo tempo, un suo oggetto di conoscenza, mentre l’uomo vive in tutt’altra dimensione, per cui la scienza non coglierà mai cosa è davvero l’uomo e quali sono le cose più importanti per l’uomo. Tra la scienza e l’uomo, tra la scienza e la coscienza c’è una diversità di fondo anche nel tempo.
Il tempo nella scienza è un tempo quantificabile, è un tempo misurabile, è esterno a noi, è nello spazio, ma è anche un tempo reversibile. Lo scienziato che adotta con rigore il metodo galileiano, misura il tempo di un certo fenomeno, per esempio il tempo della caduta di un grave da una certa altezza e questo lo può ripetere un numero anche considerevole di volte ottenendo sempre lo stesso risultato. Bergson lo paragona ad una collana di perle, tutte uguali, una dietro l’altra, ognuna equivalente all’altra.
Questo tempo però non è il tempo dell’uomo e non è, come vedremo, il tempo dell’essere. Il tempo della coscienza ha caratteristiche completamente diverse. Il tempo della coscienza è un tempo qualitativo. Un minuto dal dentista è un’eternità, un minuto con chi si ama fugge via in un lampo. È quindi un tempo irreversibile. “È inutile andare alla ricerca del tempo perduto” dirà Proust nei suoi sette volumi. Il tempo della coscienza, cioè il tempo dell’uomo, è un tempo che non c’è più, il passato non ritorna. Il tempo reversibile della scienza e il tempo irreversibile dell’uomo, sono la dimostrazione che scienza e coscienza sono su due piani completamente diversi e inconciliabili.
Il tempo dell’uomo è poi un tempo continuo. Questo vuol dire che è un tempo che non è fatto di istanti, ma è come un gomitolo di lana che continua ad avvolgersi sempre più, diventando sempre più grande, ma continuo e che non torna indietro. La coscienza ha quindi una durata e una crescita ininterrotta, continua, irreversibile e qualitativamente irripetibile.

Materia e Memoria

Nella sua opera “Materia e memoria” Bergson cerca di capire che rapporto c’è fra materia e la memoria, materia e la coscienza, materia e l’intimità. Bergson dice sostanzialmente che la memoria è proprio la stessa coscienza. La memoria è come un registratore che memorizza proprio tutto, anche quei dati di cui non abbiamo più il ricordo. Meglio ancora, la memoria è tutto il nostro vissuto, dalla nostra  memoria poi noi ricaviamo dei ricordi, delle immagini del passato, che stanno nella memoria, ma sono solo una parte dell’intera memoria, dell’intero nostro vissuto. Sono più le cose che non ci ricordiamo di quelle che ci ricordiamo. “Nella memoria è molto più l’oblio che non il ricordo” dirà Bergson.
Esiste poi la percezione, come elemento conoscitivo, che è una specie di filtro con il quale selezioniamo i dati della memoria in vista dell’azione. Per lo spiritualismo la coscienza non è solamente gnoseologica, ma è fonte di azione, è “slancio vitale”, è la nostra vita che va avanti.

Meccanicismo, Finalismo ed Evoluzione creatrice

Bergson, pur essendo un uomo religioso è perfettamente in linea con la filosofia contemporanea che ha come punto di partenza l’abbattimento dell’immutabile. Il grande Pan è morto, non c’è nulla di immutabile, esiste solo il divenire.
Anche per Bergson c’è solo il divenire, la nostra vita è un continuo divenire, un inesorabile divenire. Non c’è nulla di fisso o di fermo. È la scienza che si illude di trovare leggi e fenomeni immutabili. Questo slancio vitale, questa vita che va avanti è in realtà la radice dell’essere. Bergson, nella sua ultima opera “L’evoluzione creatrice”  ci da la sua visione dell’essere, qual è la sua verità sulla realtà.
Egli è lontano sia dal meccanicismo come dal finalismo. Nel meccanicismo, ricordiamo, la vita va avanti per cause meccaniche, per selezione naturale (darwinismo), è l’idea che gli stati di cose presenti hanno origine dalle cose precedenti, ogni cosa è causa di un’altra, che c’è un meccanismo inesorabile che spiega la realtà.
Per Bergson non è così, la realtà, l’essere, l’essenza della vita, ciò che spiega il divenire e l’evoluzione della vita non è certo il meccanicismo. Non lo è nemmeno il finalismo. Le cose non vanno in una certa direzione perché c’è un Dio che ha dato loro un fine. Anche la natura, così come la nostra coscienza, è sorretta e spinta da questo slancio vitale che trova forme di vita sempre nuove, che fa delle scelte. La stessa materia che vediamo non è altro che il risultato di questo slancio di vita che nella materia si è come cristallizzato e fermato nelle forme naturali che vediamo, nella coscienza dell’uomo invece è progredito ed è arrivato a livello spirituale, ad una sorta di autoconsapevolezza. Alla base di tutto c’è questa energia vitale.
Bergson ci dice che per capire l’origine delle cose, cioè come si sviluppa la realtà bisogna fare riferimento ad una immagine. Dobbiamo immaginare una scatola mezza piena di limatura di ferro, nella quale infiliamo una mano e comprimiamo in un angolo tutta la limatura di ferro. La mano poi svanisce. Questo agglomerato di limatura di ferro è la realtà. Per i meccanicisti le particelle di limatura si sono configurate in quel modo perché l’una a spinto l’altra, l’una è causa dell’altra, fino a configurarsi così. Per i finalisti le particelle di limatura sono invece come guidate da un Dio per conformare in quel modo, in quell’ammasso di particelle di ferro.
Per Bergson è lo slancio vitale, cioè una forza interna che spiega il divenire delle cose. Quindi tutta la realtà è causata, motivata e così configurata, perché appunto alla base di tutto c’è questo slancio vitale che sostanzialmente è la vita che trova forme sempre nuove. Nella materia questo slancio vitale è come ricaduto su se stesso e si è bloccato in una forma ben definita, nell’uomo e nelle forme di vita animate, questo slancio vitale è più cosciente, per arrivare poi all’uomo che ne è il vertice.
Questo slancio vitale è anche a fondamento della società e della religione. Nell’opera “Le due fonti della morale e della religione” Bergson ci dice che anche nella società , nella morale e nella religione, questo slancio vitale può ricadere su se stesso e bloccarsi in una morale o in comportamenti religiosi chiusi o invece aperti, cioè disponibili a religioni, a morali e a tipi di società diversi. “Circa alla religione, alla società chiusa corrisponde una religione statica, come quelle storiche, cristianesimo compreso. Esse, pur proclamandosi religioni diverse, hanno però tutte un fondamento naturale comune. Tale fondamento è lo slancio vitale. Questo slancio ha fatto sorgere la religione statica per assicurare agli individui la necessaria compattezza sociale e permettere loro di convivere in comunità. L’intelligenza umana infatti con le sue caratteristiche di analisi, astrazione e scomposizione, rischierebbe di chiudere l’individuo nel suo proprio egoismo oppure gli rivelerebbe la cruda consistenza del suo destino: la morte, il dolore, la sofferenza. Le religioni aperte hanno invece come protagonisti i santi, cioè persone il cui slancio vitale e la cui carica mistica hanno avuto un vertice sommo e sono state decristallizzate”.
La conversione al cattolicesimo di Bergson è di fatto un sentimento mistico non è un avvicinarsi a Dio intellettualmente con le categorie della ragione che supporta la fede e della fede che supporta la ragione, ma più in linea con lo spiritualismo, quello spiritualismo che ha scalzato Dio e le sue leggi per sostituirlo con la libera coscienza di ciascuno e con quello che i sentimenti, eventualmente anche religiosi, suggeriscono.
Il sentimento mistico è in tutti gli uomini. In alcuni è molto forte ed in altri lo è meno. Lo stesso Cristo non è altro che un uomo in cui il sentimento del divino ha raggiunto il vertice massimo, ma che è pur sempre un sentimento religioso.

Enciclica di San Pio X  "Sugli errori del modernismo"

San Pio X  nella sua famosa enciclica ”PASCENDI DOMINICI GREGIS”
"Sugli errori del modernismo" (definita il testo filosofico più importante del '900) spiega quali sono gli errori del modernismo, che si insinua anche all’interno della Chiesa stessa, e ribadisce la necessità di farsi guidare fedelmente dal Magistero della Chiesa, da sant’Agostino e da San Tommaso d’Aquino. Il testo è piuttosto complesso, ne riportiamo qui alcuni punti.
“ … Or, tolta di mezzo la naturale teologia, chiuso il cammino alla rivelazione per il rifiuto dei motivi di credibilità, negata anzi qualsivoglia esterna rivelazione, chiaro è che siffatta spiegazione indarno si cerca fuori dell'uomo. Resta dunque che si cerchi nell'uomo stesso; e poiché la religione non è altro infatti che una forma della vita, la spiegazione di essa dovrà ritrovarsi appunto nella vita dell'uomo. Di qui il principio dell'immanenza religiosa. Di più, la prima mossa, per così dire, di ogni fenomeno vitale, quale si è detta essere altresì la religione, è sempre da ascrivere ad un qualche bisogno; i primordi poi, parlando più specialmente della vita, sono da assegnare ad un movimento del cuore, o vogliamo dire ad un sentimento. Per queste ragioni, essendo Dio l'oggetto della religione, dobbiamo conchiudere che la fede, inizio e fondamento di ogni religione, deve riporsi in un sentimento che nasca dal bisogno della divinità. Il quale bisogno, non sentendosi dall'uomo se non indeterminate ed acconce circostanze, non può di per sé appartenere al campo della coscienza: ma giace da principio al di sotto della coscienza medesima o, come dicono con vocabolo tolto ad imprestito dalla moderna filosofia, nella subcoscienza, ove la sua radice rimane occulta ed incomprensibile. Che se si chieda in qual modo da questo bisogno della divinità, che l'uomo provi in se stesso, si faccia poi trapasso alla religione, i modernisti rispondono così. La scienza e la storia, essi dicono, sono chiuse come fra due termini: l'uno esterno, ed è il mondo visibile; l'altro interno, ed è la coscienza. Toccato che abbiano o l'uno o l'altro di questi termini, non hanno come passare più oltre; al di là si trovano essi a faccia dell'inconoscibile. Dinanzi a questo inconoscibile, o sia esso fuori dell'uomo oltre ogni cosa visibile, o si celi entro l'uomo nelle latebre della subcoscienza, il bisogno del divino, senza verun atto della mente, secondo che vuole il fideismo, fa scattare nell'animo già inclinato a religione un certo particolar sentimento; il quale, sia come oggetto sia come causa interna, ha implicata in sé la realtà del divino e congiunge in certa guisa l'uomo con Dio. A questo sentimento appunto si dà dai modernisti il nome di fede, e lo ritengono quale inizio di religione.
Adunque il sentimento religioso, che per vitale immanenza si sprigiona dai nascondigli della subcoscienza, è il germe di tutta la religione, ed è insieme la ragione di quanto fu o sarà per essere in qualsivoglia religione. Rude dapprima e quasi informe, a poco a poco, sotto l'influsso del misterioso principio che gli diede origine, esso e venuto perfezionandosi, a seconda dei progressi della vita umana, di cui, come si disse, e una forma. Ecco pertanto la nascita di qualsiasi religione, sia pure soprannaturale: esse altro non sono che semplici esplicazioni dell'anzidetto sentimento. Né credasi già che diversa sia la sorte della religione cattolica; anzi in tutto pari alle altre: imperocché non altrimenti essa è nata, che per processo di vitale immanenza nella coscienza di Cristo, uomo di elettissima natura, quale mai altro simile si vide né mai si troverà. Nell'udir tali cose Noi trasecoliamo di fronte ad affermazioni cotanto audaci e sacrileghe! Eppure, Venerabili Fratelli, non sono esse un parlar temerario solamente d'increduli. Sono uomini cattolici, sono anzi sacerdoti non pochi che così la discorrono pubblicamente; e con siffatti delirii si dànno vanto di riformare la Chiesa! Qui, non trattasi più del vecchio errore, che alla natura umana concedeva quasi un diritto all'ordine soprannaturale. Si va assai più lungi; sino cioè ad afferrare che la religione nostra santissima, nell'uomo Cristo del pari che in noi, è frutto interamente spontaneo della natura. Del quale asserto non sappiamo qual sia mezzo più acconcio per sopprimere ogni ordine soprannaturale. Perciò con somma ragione il Concilio Vaticano pronunziò: "Se alcuno dirà, non poter l'uomo essere elevato da Dio a una conoscenza e perfezione che superi la natura, ma potere e dovere di per sé stesso, con un perpetuo progresso, giungere finalmente al possesso di ogni vero e di ogni bene, sia anatema" (De Revel., can. III).
Giova subito notare che posta questa dottrina dell’esperienza, dell’immanenza vitale, ogni religione, sia pure quella degli idolatri, deve ritenersi vera, perché infatti non sarà possibile che tali esperienze si incontrino in ogni religione? E con qual diritto i modernisti negheranno la verità ad una esperienza affermata da un’islamita? Con quale diritto rivendicheranno esperienze vere per i soli cattolici? Ed infatti i modernisti non negano, concedono anzi, alcuni velatamente, altri in maniera aperta, che tutte le religioni sono vere”.…
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 8 Settembre 1907, PIO PP. X

Per il modernismo e lo spiritualismo Dio rimane l’inconoscibile e ogni sentimento religioso è vero, perché è vera ogni cosa che l’uomo sente. La religione è un fatto sentimentale, non più qualcosa di raggiungibile dalla ragione come san Tommaso si è sforzato di insegnarci. Se il sentimento è l’unica chiave di accesso alla verità ogni religione deve ritenersi vera. Quindi se la chiave di accesso al divino è solo il sentimento, è solo la propria coscienza, è chiaro che allora si finisce per considerare tutti i sentimenti veri perché non c’è più qualcosa di oggettivo.
La grande eresia del modernismo è quindi quella che vede l’uomo arbitro di se stesso e in balia dei propri sentimenti, della propria coscienza, e dei propri personalissimi criteri di giudizio. Cosa è bene e cosa è male lo decide lui senza alcun riferimento esterno e libero da ogni condizionamento imposto da chicchessia, tantomeno da autorità ecclesiastiche o divine. Se sceglie la religione, la sceglie per un suo bisogno personale, interno e sentimentale.

Commento all’enciclica “Pascendi dominici gregis”

Promulgata cento anni fa, l’8 settembre 1907, l’enciclica Pascendi dominici gregis, di cui abbiamo appena letto alcuni stralci,  riassume tutta l’offensiva condotta dal Papa San Pio X  contro l’errore del modernismo. Come ogni eresia, il modernismo è un sistema in cui tutto è strettamente collegato, un sistema costituito " non da vaghe dottrine non unite da alcun nesso, ma di un unico corpo e ben compatto, ove chi una cosa ammetta  uopo è che accetti tutto il rimanente". Ma, a differenza di altre eresie, si tratta di un sistema che non si presenta come tale. Ad una prima lettura essa presenta una apparenza di oscurità e di equivoco che, su ogni singolo punto particolare ed isolato, potrebbe indurre una benevola interpretazione dal punto di vista dell’ortodossia.
Al n.  3, San Pio X  ricorda che i modernisti " niuno li supera di accortezza e di astuzia ", essi usano una "sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto". E al n.  2 afferma che si tratta di nemici " tanto più perniciosi quanto meno sono in vista".
Non è dunque senza motivo che San Pio X  paragona questa eresia del tutto nuova e senza precedenti ad una fogna: il modernismo è il ricettacolo di tutte le eresie. Una fogna è invisibile perché è sotterranea e il modernismo è esattamente una eresia sotterranea, un’eresia che si diffonde nascostamente. 
Esso si potrebbe paragonare anche ad un camaleonte, che possiede la capacità di cambiare il colore della pelle in funzione dell’ambiente in cui si trova. Questa caratteristica gli permette di dare l’impressione che sia cambiato, mentre in realtà è rimasto lo stesso. Questo secondo paragone ci permette di comprendere perché l’analisi di San Pio X  conserva ad oggi tutta la sua attualità.
Il principio primo di questo modernismo analizzato da San Pio X  è duplice.  
Vi è un primo fondamento costituito dall’agnosticismo, che significa che sarebbe impossibile entrare in relazione con Dio tramite la conoscenza intellettuale. E tuttavia il modernismo non è un ateismo. Esso sfugge all’ateismo grazie all’immanenza vitale, che costituisce il secondo fondamento del sistema: si entra in relazione con Dio non tramite la conoscenza, ma per il bisogno. Questo bisogno divenuto cosciente è la fede ed è anche la rivelazione. Fede e rivelazione derivano dall’interno (la coscienza del soggetto) e non più dall’esterno (la proposizione oggettiva del dogma offerta dal magistero della Chiesa): siamo all’immanenza, dove fede e rivelazione corrispondono non ad una conoscenza, ma ad un bisogno o ad un vissuto. È il vitalismo. Sostenendo che il bisogno o l’esperienza del divino sono alla base della rivelazione e della fede, si sostituisce come principio della religione la vita (il bisogno, il sentimento, il desiderio, la propria coscienza) e non la verità.
La Chiesa per il modernismo è un vissuto collettivo, è "il frutto della coscienza collettiva ". Questa esperienza vissuta in comune dà vita alla tradizione vivente, cioè alla serie, continua nel tempo, delle esperienze religiose fatte in comune. Ne deriva che la costituzione della Chiesa non è più quella di una società monarchica, ma quella di un governo democratico, in cui l’autorità diviene il portavoce della comunità. Da ciò deriva anche un relativismo unico nel suo genere: tutte le religioni sono più o meno vere. Dal momento che la religione sarebbe la comunicazione di una esperienza, la migliore religione, e dunque la più vera, sarà quella in cui la comunicazione corrisponde meglio ai bisogni della coscienza umana. Questa religione esiste: è il cattolicesimo, la religione che in fondo è solo più vera delle altre, mentre le altre, corrispondendo più o meno a questi bisogni, rimangono buone e legittime.
Il modernismo, dunque, può riassumersi in tre grandi postulati: la fede e la rivelazione consistono nel vivere un’esperienza; la Chiesa è la comunione di coloro che vivono questa esperienza; il cattolicesimo è solo il coronamento o la pienezza de questa esperienza. Non è cioè la Chiesa fondata da Gesù Cristo e data a Pietro e agli apostoli da propagare in tutto il mondo per il bene di tutti. La Chiesa e le Chiese sono un bisogno umano, una risposta ad un bisogno di certe comunità. Tutte le religioni quindi vanno bene, come tutte le tisane (la ricerca della verità sarebbe un atto discriminatorio). Allora va bene credere alla religione e non credere ai preti, va bene interrompere una gravidanza se non ci si sente pronti ad affrontare l’arrivo di un figlio, va bene cambiare il coniuge se in coscienza non ci si sente più di amarlo, ecc. Cioè abbiamo tutti il diritto di essere felici anche se questo rende infelici gli altri, perché non c’è il peccato, non c’è un Dio che si offende se non amiamo i suoi figli, non c’è il peccato, non c’è una autorità assoluta da rispettare. Dio è morto, il nostro destino è solo in mano nostra e ce lo gestiamo come la nostra coscienza ci suggerisce, con una religione o con una ideologia o con un nostro credo personale. In altre parole non dobbiamo niente a nessuno, ma dobbiamo essere liberi di fare le scelte che ci piacciono di più. Il modernismo è disposto a concedere qualunque cosa pur di distogliere l’uomo dal vero Dio, quello cristiano Uno e Trino.

Sigmund Freud e la Psicanalisi

Sigmund Freud   (Freiberg,  1856  Londra,  1939) è stato un neurologo e psicoanalista austriaco, fondatore della psicoanalisi.
Sigmund Freud è noto per aver elaborato una teoria scientifica e filosofica, secondo la quale i processi psichici inconsci esercitano influssi  determinanti sul pensiero, sul comportamento umano e sulle interazioni tra individui. Di formazione medica, tentò di stabilire correlazioni tra la visione dell'inconscio, rappresentazione simbolica di processi reali, e delle sue componenti con le strutture fisiche del cervello e del corpo umano, speculazioni che hanno trovato parziale conferma nella moderna neurologia e psichiatria.
Nella psicoanalisi l'impulso sessuale e le sue relazioni sono alla base dei processi interpretativi. Molti dissensi dalle teorie di Freud, e quindi indirizzi di pensiero alternativi (Adler, Jung e altri) nascono dalla contestazione del ruolo, ritenuto eccessivo, riconosciuto da Freud alla sessualità.
In un primo momento si dedicò allo studio dell'ipnosi e dei suoi effetti nella cura di pazienti psichiatrici, influenzato dagli studi di Josef Breuer sull'isteria, in particolare dal caso Anna O. (ossia Bertha Pappenheim, futura fondatrice dei movimenti di assistenza sociale e di emancipazione femminile), al quale s'interessò sulla base delle considerazioni di Charcot, che individuava nell'isteria un disturbo della psiche e non una simulazione, come ritenuto fino ad allora. Dalle difficoltà incontrate da Breuer nel caso, Freud costruì progressivamente alcuni principi basilari della psicoanalisi relativi alle relazioni medico-paziente: la resistenza e il transfert.
Di questo periodo furono le intuizioni che formano il nucleo della psicoanalisi: il metodo d'indagine mediante l'analisi di associazioni libere, lapsus (da cui il lapsus freudiano), atti involontari, atti mancati e l'interpretazione dei sogni, e concetti come la pulsione (Eros e Thanatos), le componenti dell'inconscio e della coscienza (Es, Io, Super-Io, in sintesi: Es è il subconscio istintivo, primordiale, derivante dalla natura umana e spinto dalle pulsioni sessuali, Io rappresenta la parte emersa, cosciente, Super-Io una super-coscienza maturata dalla “civilizzazione” dell'uomo, il codice di comportamento), il Complesso di Edipo, la libido e le fasi dello sviluppo psicosessuale.
Le idee e le teorie di Freud - viste con diffidenza negli ambienti della Vienna del XIX secolo - sono ancora oggi dibattute, non solo in ambito medico-scientifico, ma anche accademico, letterario, filosofico e culturale. Molti hanno messo in discussione l'efficacia terapeutica della psicoanalisi. Di questo fatto, lo stesso Freud era probabilmente consapevole.

Freud e la modernità

La modernità, abbiamo già detto, vuole affrancarsi dalla fede e appoggiarsi esclusivamente alla ragione, vuole rompere definitivamente l’armonia e l’equilibrio Fede Ragione su cui tanto avevano lavorato Sant’Agostino e San Tommaso. Ne nasce quindi il razionalismo e il fideismo che prendono ciascuno una propria strada. Rimane al centro a portare avanti il sodalizio Fede e Ragone la sola Chiesa cattolica che di fatto avrà entrambi contro, anche perché ne evidenzierà di volta in volta gli errori e i disastri che questi errori provocheranno sugli individui come sui popoli.
Nascono come sappiamo le scienze moderne che di fatto si sostituiscono alla loro madre: la filosofia che le ha generate con la sua ricerca della verità e dei perché delle cose, di Dio, dell’uomo e del mondo. La filosofia già trattava tutti i temi attuali, quelli scientifici, quelli psicologici, di coscienza, quelli riguardanti le relazioni umane, la società, la politica, l’economia, ecc. solo che queste scienze moderne rivendicano ora l’introduzione di un nuovo metodo di indagine, il metodo sperimentale per spiegare queste cose. Si vuole cioè sperimentare il tentativo di interpretare ogni aspetto della realtà sulla base di un modello meccanicistico che per sua natura e solo quantitativo e per nulla qualitativo. È possibile allora applicare la scienza alla psiche? Il metodo scientifico alla società? All’uomo?
Altra considerazione è che la modernità non cerca più l’epistème, quella realtà che sotto le cose, che sottostà a tutto e che la ragione conosce in modo incontrovertibile. L’uomo non ha più gli strumenti per combattere il flusso e l’angoscia del divenire. L’uomo si rivolge verso un’altra meta, utilizza un’altra idea della realtà.

La scoperta dell’Inconscio

È in questo contesto che si inserisce Freud e la sua scoperta dell’inconscio. Prima di lui tutti i nostri contenuti mentali si identificavano con la coscienza. La psiche in fondo è ciò che io penso, ciò che è evidente a me stesso. Freud ritiene che la maggior parte dei nostri contenuti mentali sta invece al di fuori della coscienza, ma dentro la psiche (la nostra testa). Questo luogo è il nostro inconscio dove si svolge la maggioranza della nostra vita psichica. La coscienza è invece come la punta dell’iceberg, cioè noi ci concentriamo solo sulla punta di questo iceberg e non ci rendiamo conto che questa è solo il conscio e lo pensiamo come il tutto, ignorando tutto il resto dell’iceberg  che non conosciamo ma che sarebbe utile poter indagare per conoscerlo e per conoscerci meglio.
 L’inconscio è diviso in due zone, il preconscio e il rimosso (l’inconscio vero e proprio). Nel preconscio vanno a finire quei ricordi che sono solo momentaneamente  inconsci e che con un più o meno piccolo sforzo possono essere portati nel conscio. Nell’inconscio vero  e proprio finiscono i nostri contenuti mentali che per qualche motivo abbiamo immagazzinato lì, cioè abbiamo rimosso dal conscio per abbandonarli nell’inconscio.

Le associazioni libere


Questi vissuti rimossi sono spesso la causa di disturbi psichici che Freud cerca di far emergere per curarli. Dopo aver sperimentato con poco successo l’ipnosi individuerà il metodo delle associazioni libere. Cioè a mezzo di un rapporto dialogico Medico Paziente, in ambiente confortevole  con poltrone e divano, come ormai da tempo abbiamo visto in molti film americani. Questo favorisce l’abbandono del paziente nei propri pensieri che, guidati poi abilmente dalla psicologo, vanno a esplorare l’inconscio e le cose rimosse che ci stanno dentro.

Il transfert

È il trasferimento sulla persona  del medico, di stati d’animo ambivalenti (amore e
odio) vissuti dall’individuo nei confronti delle figure genitoriali.  È il risultato del dialogo Medico Paziente che permette questo transfert attraverso il quale il Medico riesce a capire i contenuti rimossi della psiche del suo Paziente. Li riesce a capire quando sono stati d’animo negativi sentendosi addosso l’odio del figlio non amato dal genitore o stati d’animo positivi d’amore del figlio che cerca di piacere al genitore impersonato dal medico. Questo permette al medico di farsi una ragione di tali stati d’animo e di aiutare il Paziente a trovare il modo più adatto per gestirli, per non temerli o per superarli in modo maturo e responsabile. La scoperta di Freud è quindi quella di poter curare situazioni patologiche che apparentemente non hanno soluzioni, finché non se ne capisce la vera causa, perché questa è stata rimossa inconsciamente dal paziente stesso.

I luoghi della Psiche

IL CONSCIO, IL PRECONSCIO E L’INCONSCIO.

L’ES, l’IO, il SUPER IO.
Secondo Freud l’apparato psichico è composto da luoghi diversi, un primo gruppo di questi contiene il Conscio, il Preconscio e l’Inconscio e lo abbiamo già considerato ed un altro gruppo l’ES, l’IO e il SUPER IO che ora prendiamo in considerazione.
Freud chiama ES la più antica delle provincie della psiche. Il suo contenuto è tutto ciò che è ereditato, presente fin dalla nascita, stabilito per costituzione. Innanzi tutto quindi le pulsioni primitive che traggono origine dalla organizzazione corporea. È l’Inconscio inteso come l’altro, l’essere sconosciuto che vive in ognuno di noi. Il SUPER IO è quell’area della psiche che comunemente è detta Coscienza o Senso del Dovere. Essa nasce dall’interiorizzazione delle regole e dei divieti ricevuti dall’educazione familiare nei primi anni di vita ed ha una funzione di giudice e di censore nei confronti dell’IO. Il SUPER IO agisce in gran parte a livello dell’Inconscio.  L’IO o l’EGO è la parte consapevole della psiche, l’unica a diretto contatto con il mondo esterno, in esso trovano posto tutte le tradizionali facoltà dell’anima come descritte fin dall’antichità: sensazione, pensiero, fantasia, memoria, intelletto. L’IO mediando fra istintualità dell’ES e i divieti del SUPER IO è perennemente al lavoro per mantenere quel delicato equilibrio in cui consistono la salute mentale e la personalità dell’individuo.
L’ES è quindi questo polo pulsionale della personalità ed è una forza impersonale e caotica che sta comunque alla base della nostra essenza. Freud dirà che è un calderone di eccitamenti e di ribollimenti, è una forza amorale, non conosce né il bene né il male, non conosce la logica, è estraneo al principio di non contraddizione e comunque è una forza che ci spinge, ci stimola.
A questo si contrappone il SUPER IO, cioè la “Coscienza morale” e l’insieme di norme e regole (e proibizioni) che fin da piccoli abbiamo ricevuto e che pongono un argine agli sconfinamenti dell’ES e che questi possa rovinare la nostra esistenza. L’IO è infine la parte organizzata della personalità, che è quella parte che si deve equilibrare, dice Freud, fra tre padroni, il caotico ES, il severo SUPER IO e il mondo esterno. Freud annota che il SUPER IO può creare dei problemi ma è necessario per evitare che l’ES ne crei di maggiori.
L’IO è in gran parte emerso dall’inconscio, l’ES è totalmente annegato nell’inconscio, il SUPER IO è prevalentemente immerso nell’Inconscio.
Normalmente l’EGO riesce a mediare intelligentemente i “tre padroni”, ma quando no ci riesce nascono i problemi.
Se il SUPER IO è troppo debole, l’ES prende il sopravvento e ne nascono comportamenti asociali, indesiderati o proibiti come il delinquere o le perversioni, cioè comportamenti fuori controllo. Se il SUPER IO è troppo rigido nei confronti delle pulsioni dell’ES subentra la “rimozione”, ovvero questi istinti e impulsi dell’ES vengono rimossi e accumulati nell’inconscio. Il problema è che queste pulsioni ad un certo punto premono fortemente per uscire e tentano di venire fuori, cioè di invadere l’IO provocando delle vere e proprie nevrosi.
   
La psicanalisi cerca di capire cosa scatena nella persona queste nevrosi o questi comportamenti asociali cercando di rafforzare il SUPER IO o di ammorbidirlo. Naturalmente la cosa non è così semplice e spesso ci vogliono anni di analisi e non sempre questi problemi si risolvono davvero, non sempre traumi infantili o rapporti difficili con i genitori scoperti scavando nell’inconscio sono davvero causa di rapporti difficili con altri, di sofferenze o di disagi o di comportamenti criminali. Questi comunque sono alcuni concetti base che hanno fatto scuola, ma molti sono gli psicologi e gli psichiatri che poi hanno percorso strade diverse.
Secondo Freud i problemi più comunemente rimossi sono problemi di natura sessuale. Questa è forse la sua teoria più controversa, quella che poi per reazione ha fatto nascere altre scuole di pensiero.
Freud comunque porta in campo una teoria che stravolge completamente la visone della sessualità, tanto che essa ha una storia pre freudiana ed una post freudiana. Prima di Freud infatti la sessualità, era dato per scontato, che fosse come la morale sessuale cristiana dettava, cioè che la si scoprisse a poco a poco con lo sviluppo della persona (infanzia, pubertà, adolescenza, maturità) e che si completasse poi nel rapporto matrimoniale con la finalità della procreazione. Morale cristiana che ha un tempo, il matrimonio, ha un luogo, la famiglia, ha uno scopo, l’unione degli sposi (saranno un solo corpo) e la procreazione.
È questa l’impostazione che Freud vuol dimostrare essere assurda e che lo collocherà decisamente fra, i materialisti, i meccanicisti, nonché gli scientisti e i modernisti dei quali sarà una bandiera.

La Libido

La teoria freudiana afferma che la sessualità è una forza che il bimbo ha sin da quando viene al mondo. Questa sessualità ha un valore più profondo della semplice genitalità e la chiama LIBIDO. È questa una forza che orienta l’uomo verso le cose più disparate, è una pulsione irrefrenabile, di cui la parte genitale è certamente centrale, ma non l’unica. L’uomo allora deve imparare a conoscerla per poterla gestire al meglio, cioè per non soffocarla e non rimuoverla, ma lasciare che segua il suo corso seppur sotto controllo.
Il bambino per Freud è un essere perverso e polimorfo. Perverso perché non pensa alla sua sessualità finalizzata alla procreazione e quindi per la morale corrente (cattolica) è un perverso. Polimorfo perché le sue zone erogene (generatrici di piacere) sono in diversi punti del suo corpo che scopre mammano. Sperimenta dapprima la fase orale, poi quella anale ed infine quella genitale (intorno ai tre anni)  quando scopre il proprio sesso.

Il complesso di Edipo

Si basa sul mito greco di Edipo, che, a sua insaputa, uccise suo padre Laio, e, altrettanto inconsapevolmente, sposò sua madre Giocasta.
Nella concezione classica freudiana, il complesso edipico indica un insieme di  desideri sessuali ambivalenti che il bambino prova nei confronti delle figure genitoriali. Relativamente alle fasi dello sviluppo psicosessuale, esso insorge durante la fase fallica o fase genitale (3 anni) e il suo superamento introduce al periodo di latenza (6 anni).
Si tratta di un atteggiamento ambivalente di desiderio di morte e sostituzione nei confronti del genitore dello stesso sesso e di desiderio di possesso esclusivo nei confronti del genitore di sesso opposto. Questi sentimenti sono non solo ambivalenti ma anche vissuti negativamente (in maniera opposta), cioè i ruoli dei due genitori (amato e odiato) si scambiano alternandosi.
Ascoltando i discorsi, le fantasie e i sogni dei suoi pazienti, Freud aveva maturato l'ipotesi che essi manifestassero quei sintomi a causa d'un trauma sessuale risalente alla prima infanzia (teoria della seduzione), e che avevano rimosso a causa di un inconscio meccanismo di difesa. Fu proprio questa prima ipotesi freudiana a scatenare l'indignazione dei benpensanti contro la psicoanalisi, per il fatto stesso che essa implicava non solo il postulato del bimbo come perverso polimorfo, dotato d'una propria sessualità infantile, ma anche l'abuso sessuale di cui l'infanzia è oggetto.
L'impostazione di tale problematica ha segnato, fin dagli albori del movimento psicoanalitico, il dissidio Freud-Jung e poi la scissione degli psicoanalisti di orientamento junghiano dall'Associazione Internazionale di Psicoanalisi.

Freud filosofo?

Freud è un medico, ma di fatto ha costruito una filosofia. Questa filosofia avrà un particolare successo negli anni ’60 e sfocerà nella così detta “rivoluzione sessuale” che tenderà a smantellare l’oscura e retrograda morale sessuale cattolica. Questa rivoluzione sessuale farà molta strada ed oggi ci prova a smantellare anche l’intero istituto della famiglia. La teoria del gender, per esempio, parte proprio da qui. Freud è riuscito a slegare da ogni responsabilità l’uso e l’abuso della propria libertà, del proprio piacere, del proprio egoismo, e non solo nel campo sessuale, perché ci ha convinti che il male è colpa del poco controllabile ES e le nevrosi derivano dagli eccessivi freni del SUPER-IO. Non esiste il peccato e tantomeno il peccato originale.
Una curiosità a questo proposito è che santa Brigida di Svezia (madre di otto figli) canonizzata nel 1391 e compatrona dell’Europa si era preoccupata già allora di sostenere il Papa nella sua opera di salvaguardia della Famiglia cristiana con preghiere che ancora oggi  molti fedeli recitano quotidianamente (le preghiere di Santa Brigida).[Ndr]

Paul Ricœur (1913 – 2005)


Paul Ricœur, prolifico filosofo francese, noto per aver formulato le tre principali aree di fragilità dell’uomo moderno, origine di ansie e paure: l’Avere, il Valere e il Potere.
L’AVERE  la cui precarietà procura indigenza, povertà e solitudine.
Il VALERE la cui assenza procura vergogna, cattiva immagine di sé, autodisistima, depressione.
Il POTERE la cui mancanza procura Impotenza, sensi di colpa e di nullità
Ma Paul Ricœur è ancor più noto per aver criticato il pensiero di Marx, Freud e Nietzsche definendoli «i maestri del sospetto».

I maestri del sospetto

Sono identificati in Marx, Freud e Nietzsche e sono così classificati da Paul Ricœur perché hanno in comune il fatto che entrano dentro il dubbio cartesiano che recitava che la realtà in fondo era ambigua, ma una cosa era veramente certa: la propria coscienza. “Io penso” è evidente. La coscienza evidenzia se stessa. Questi pensatori però la mettono in dubbio. Non esiste più la coscienza, perché essa è il prodotto di qualcosa che non è cosciente. Per Marx è la struttura economica e la coscienza è una sovrastruttura, per Freud è l’inconscio, per Nietzsche, come vedremo, è la volontà di potenza. Il dubbio quindi passa dalle cose del mondo alla coscienza.
È indubbio quanto questi pensatori hanno influenzato il XX  secolo mettendo in ombra tutti gli altri e determinando sconvolgimenti epocali di cui ancora oggi subiamo le conseguenze catastrofiche. Le loro idee si basano su di un principio fondamentale: Dio non deve esistere più, la religione ha fatto la sua epoca (era giustificata dalla nostra ignoranza). Compresa l’importanza dell’economia e sistemata la base economica della società, la religione scompare, non ha più nessuna ragione d’essere. Per Freud poi la religione è una nevrosi collettiva, è una malattia mentale. Il riferimento al padre celeste non è altro che la proiezione psichica del rapporto con il padre in vita. La religione è solo un passaggio (Comte). Nietzsche poi annuncia che “Dio è morto” cioè a Dio non ci crediamo più, ci siamo emancipati, ci siamo scrollati di dosso questo falso bisogno di Dio. Se davvero Dio non c’è, le filosofie dei maestri del sospetto e del dubbio hanno vinto su tutti i tavoli. Ne erano così convinti che erano sicuri che prima della fine del secondo millennio non sarebbe più esistita ombra di religione e nemmeno ingiustizie sociali (questi i loro frutti: il Comunismo, il Nazional socialismo, il Capitalismo, il Liberalismo, il Relativismo, ecc.). Senza Dio, non si può fare nulla di buono. Questo il demonio la sa benissimo, è lui il vero maestro del sospetto, è lui che ha inventato la religione del dubbio.

Alfred Adler ( 1870  1937)

Alfred Adler è stato un moderno psichiatra e psicoterapeuta austriaco. Nacque a Vienna, da una famiglia ebraica ungherese. Fu con  Sigmund Freud  e  Carl Gustav Jung, fondatore della psicologia psicodinamica. Il forte contrasto fra le concezioni di Adler sulla genesi delle nevrosi e la teoria di Freud, lo portò a staccarsi da lui e a fondare la "Società per la Libera Psicoanalisi". Spostando l’attenzione sulla visione teleologica, cioè sulla dottrina filosofica del finalismo, che concepisce l'esistenza umana indirizzata alla realizzazione di uno scopo della propria vita anche nelle sue azioni involontarie e inconsapevoli che tuttavia realizzano un fine. Visse tra la fine dell'Ottocento ed i primi decenni del Novecento, un periodo particolarmente fertile quanto ad innovazioni scientifiche e culturali.
La Psicologia Individuale Comparata di Adler è una teoria dell'uomo ad orientamento olistico, teleologico e fenomenologico.
Mantiene un atteggiamento critico nei confronti delle religioni, che considera come mezzo per lo sviluppo del sentimento sociale ma che, attraverso dogmi e proibizioni, in qualche modo, limitano il Sé e la libera espressione del pensiero scientifico. È da segnalare che nel 1904 Adler si era convertito al Protestantesimo, da lui motivato con la personale necessità di passare da una religione ristretta ad un'unica etnia (l'Ebraismo) ad una fede universale meno rigida.

Viktor Frankl (Vienna, 1905  Vienna, 1997)


Eccezionale neurologo, psichiatra e filosofo austriaco fondatore dell'analisi  esistenziale, della logoterapia e della “Terza Scuola Viennese di Psicoterapia”, metodo che tende a evidenziare il nucleo profondamente umano e spirituale dell'individuo (in antitesi con le teorie freudiane). Partito come medico psichiatra allievo di Freud e come lui ebreo, ci fa di nuovo respirare la serenità della riconciliazione con Dio e le sue certezze. La sua più che una terapia è una filosofia. Non possiamo non parlarne, se non altro perché è una voce fuori dal coro dell’imperante modernismo e di un ebraismo chiuso al cristianesimo, anzi ne è un ammiratore pur rimanendo ebreo. Il suo principale allievo e traduttore di tutte le sue opere è il sacerdote cattolico don Eugenio Fizzotti che sarà poi il presidente dell’Associazione di Analisi esistenziale e Logoterapia frankliana.
Da giovane psichiatra si occupa di un problema che lui sente gravissimo, quello del crescente numero di giovani che si suicidano, da lì lo sviluppo di studi e di ricerche sul senso della vita che molti giovani non riescono a trovare nel modernismo. Dal 1942 al 1945 fu prigioniero in quattro campi di concentramento nazisti, tra cui Auschwitz e Dachau.
A partire dall'esperienza della deportazione scrisse i volumi “Alla ricerca di un significato della vita” e “I fondamenti spirituali della logoterapia”.  Secondo Frankl, quando l'individuo non si sente "significativo", cerca compensazioni o gratificazioni artificiali (droghe chimiche e psichiche) o assume atteggiamenti di potenza (comportamenti distruttivi ed autodistruttivi).

« Che cos'è, dunque, l'uomo? Noi l'abbiamo conosciuto come forse nessun'altra generazione precedente; l'abbiamo conosciuto nel campo di concentramento, in un luogo dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro, potere, fama, felicità; un luogo dove restava, non ciò che l'uomo può "avere", ma ciò che l'uomo deve essere; un luogo dove rimaneva unicamente l'uomo nella sua essenza, senza dignità, consumato dal dolore e purificato dalla sofferenza (come Cristo in croce: nudo e sofferente). Cos'è, dunque, l'uomo? Domandiamocelo ancora. È un essere che decide sempre ciò che è».(Tratto da: Viktor Frankl “Homo patiens. Soffrire con dignità” Ed. Queriniana Brescia).
La filosofia e la fede sono temi che Frankl, nelle sue opere, ha sempre affrontato e, sia in qualità di psichiatra che di uomo, si è interessato al senso della vita arrivando all’idea che non è l’uomo che si deve interrogare sul senso della vita, bensì è la vita che pone all’uomo degli interrogativi a cui deve saper rispondere per condurre una vita di significato assumendosi la responsabilità della sua esistenza. Il suo amor fati (Spinoza) lo porta a pensare che ogni cosa che capita durante la vita abbia un significato e non sia solo opera del caso. Ed è proprio il destino dell’uomo che, recando in sé la concretezza della vita, lo pone di fronte a delle prove che deve affrontare in modo da sperimentare possibili valori da realizzare che elevino il suo spirito interiore. (Per saperne di più vedi: http://www.logoterapia.it da cui sono ricavati alcuni degli articoli che seguono).

 

L’analisi esistenziale

L’analisi esistenziale di Frankl è un approccio positivo ed ottimistico in quanto cerca di potenziare le risorse dell’uomo piuttosto che soffermarsi a individuarne le patologie (l’esatto contrario della psicanalisi freudiana). La fiducia nelle forze umane è infatti un aspetto fondamentale di tale approccio e Frankl ha sperimentato in prima persona le sue precedenti intuizioni. Come ebreo conobbe un destino di tortura ed esilio ma la convinzione che la vita non avesse perduto il suo significato lo aiutarono a sopravvivere (come scritto nel suo  famosissimo “Uno psicologo nel Lager” ed. ARES Milano). Sostiene che la ricerca di significato è un aspetto primario del nostro essere, ed è applicabile ovunque la volontà del significato è repressa, bloccata o ignorata. La Logoterapia di Frankl è stata definita la “Terza Scuola Viennese di Psicoterapia” successiva alla Psicoanalisi Freudiana e alla Psicologia Individuale Adleriana. Con le sue teorie Frankl intende restituire all’uomo la totalità e l’unicità del suo essere. L’uomo è un essere alla ricerca del senso della propria vita e finché non risponde al compito che gli è stato affidato dalla vita stessa, non raggiungerà la realizzazione di sé. La domanda spesso posta: “Qual è il significato della vita?” merita la risposta: “ E’ come chiedere ad un giocatore di scacchi qual è la migliore mossa nel gioco?” Non esiste risposta a nessuno dei due quesiti perché ogni movimento dipende dalla concreta situazione del gioco, dalle mosse dell’avversario, da fattori esterni, così il significato della vita cambia da uomo a uomo, da momento a momento, da ogni singola ed unica situazione, in questo consiste la sfida dell’uomo.

 

La Logoterapia

La Logoterapia ritiene che, malgrado il crollo delle tradizioni, e l’annullamento dei valori, la vita ha comunque un senso per tutti gli uomini, anche se non lo stesso, e insegna che persino gli aspetti tragici e negativi del destino umano possono essere trasformati in prestazione, maturazione e crescita, quando, di fronte ad essi si riesce ad assumere il giusto atteggiamento. “Chi ha un perché per vivere può sopportare un qualsiasi come” scriveva anche Nietzsche. La nostra esistenza va considerata come un dono ricevuto e il modo in cui apriamo questo dono ci aiuta ad accettare il contenuto. Si può gioire o soffrire, ma è sempre comunque indispensabile riconoscere l’insostituibilità e il valore del dono che ci è stato offerto.
Logoterapia e analisi esistenziale. Letteralmente vuole dire “terapia mediante il significato, si tratta di un approccio terapeutico che sostanzialmente aiuta l’uomo a ritrovare il senso della propria vita. Le tre colonne portanti su cui si basa sono: la libertà della volontà (antropologia), la volontà di significato (psicoterapia), il significato della vita (filosofia).
Logoterapia significa anche educazione alla responsabilità, il compito del logoterapeuta è risvegliare nella coscienza del paziente la sua responsabilità e incoraggiare a fare di conseguenza le sue scelte, senza permettergli di scaricare su altri la responsabilità delle proprie decisioni. Non si tratta di persuadere o di inculcare una metodologia, ma di garantire il rigore e la serietà del processo analitico dell’esistenza senza volerlo concludere in una soluzione definitiva ed affrettata.
In questa prospettiva l’abilità del terapeuta diviene fondamentale e la Tecnica è quella del DIALOGO SOCRATICO, con cui si aiuta il paziente ad aprirsi ad una nuova visione del mondo. Con abili domande, il Terapeuta pone l’altro in condizione di ricavare da se stesso la verità che porta dentro. Utilizzando il metodo maieutico, si rinuncia a mettere il proprio io al centro della ricerca dei significati esistenziali, con il rischio di chiudersi drammaticamente solo in sé stessi (autosoffocamento), ma ci si apre agli altri e al mondo.. 

L’Autotrascendenza


Per la logoterapia: la capacità di orientarsi al di la di sé stessi, attraverso dei significati da realizzare, persone da amare o cause da servire è la principale finalità dell’uomo. L’uomo impegnato con tutto il suo essere nella realizzazione di un compito o conseguimento di uno scopo dimentica sé e realizza l’autotrascendenza. L’uomo non è considerato un sistema chiuso ma aperto verso qualcuno o qualcosa diverso da sé. Il pensiero frankliano va oltre l’autorealizzazione (meta terapeutica delle scuole umanistiche di cui pure fa parte la logoterapia), affermando che questa è piuttosto un effetto collaterale dell’autotrascendenza. E’ necessario cominciare con sé stessi ma non finire con sé stessi, conoscersi ma non preoccuparsi di sé, occorre una meta che sia al di fuori di sé stessi. La logoterapia si pone nella prospettiva di passare la visione immanentistica e soggettivistica e raggiungere il livello della trascendenza nella vita dell’uomo, trascendenza non fine a se stessa ma orientata verso la concretata realizzazione dei valori del significato. L’amore è per eccellenza un’esperienza di autotrascendenza.
La sottostante autocaricatura di Viktor Frankl  vuole anche dirci come il suo metodo di analisi esistenziale è molto lontano, meglio opposto,  a quella freudiano (1) e adleriano (2) e quindi lontano dalla filosofia contemporanea anche se siede con pieno diritto al terzo posto, seppur di spalle come la sua autoironia gli suggerisce. Cioè la sua scuola, come abbiamo già detto,  è la “Terza Scuola Viennese di Psicoterapia” successiva alla Psicoanalisi Freudiana e alla Psicologia Individuale Adleriana e quindi la più attuale.  Altra considerazione è che la logoterapia frankliana non si configura come una scienza, ma come una filosofia che mina alla base le teorie moderniste e per questo la sua diffusione è contenuta, se non addirittura osteggiata. Infatti fa fatica ad inserirsi ufficialmente nel mondo della psichiatria moderna ed è particolarmente invece apprezzata nel mondo cattolico e nelle sue numerose attività di recupero dei tossicodipendenti  e dei disperati (disperati per il vuoto che il modernismo ha creato nei loro cuori). Sono poi famose le critiche ricevute quando in più di una conferenza dichiarò che era stato testimone nei Lager di episodi di pietà e di aiuto umano fatti nascostamente da parte di qualche graduato nazista che per questo ha rischiato la vita se fosse stato scoperto dai suoi superiori. Questa testimonianza alcuni ebrei e alcuni comunisti non gliel’hanno mai perdonata. . (Vedi anche: Fizzotti E., “Logoterapia per tutti. Guida teorico-pratica per chi cerca il senso della vita”,  Rubbettino, 2002).

Vita significativa e confronto con Maslow

Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di "Hierarchy of Needs" (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò nel libro Motivation and Personality del 1954. Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell'individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L'individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente conosciuta come "La piramide di Maslow".
I livelli di bisogno concepiti sono:
1.     Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.)
2.     Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione
3.     Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)
4.     Bisogni di stima, di prestigio, di successo
5.     Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).
Le idee giovanili di Frankl, dopo la sua esperienza nel lager, erano diventate senz’altro più mature e più precise e presero le distanze da quelle dell’allora più che famoso psicologo americano Abraham Maslow, del quale abbiamo appena visto la sua altrettanto famosa “piramide”. Frankl era fermamente convinto che l’essere umano, più che dal bisogno, è mosso dal desiderio di significato. Una “vita significativa” per Frankl è una vita ricca di compiti; dove il compito è un appello alla nostra capacità di rispondere ad un problema nella convinzione di poterlo risolvere[31]. È proprio in una vita fatta di compiti che l’uomo può sperimentare la sua libertà in quanto si riconosce libero di agire facendo perno sulle sue risorse, anche se ciò "comporta uno sforzo e proprio perché comporta uno sforzo". Queste idee portarono Frankl ad una divergenza con Maslow.  Quest’ultimo aveva elaborato, come abbiamo visto, la “teoria piramidale dei bisogni” alla cui base c’erano i bisogni fisiologici e all’apice quelli psicologici; egli sosteneva che un uomo poteva ambire ai bisogni superiori o psicologici solo qualora avesse soddisfatto quelli carenziali. Frankl, dal canto suo, forte dell’esperienza da prigioniero rispose a Maslow con queste parole:
« La distinzione di Maslow tra bisogni più alti e bisogni più bassi non ci dà la spiegazione del fatto che, quando quelli più bassi non vengano soddisfatti, un bisogno più alto, quale la volontà di significato, può diventare il più urgente di tutti. Poiché, dunque, sia il soddisfacimento come la frustrazione dei bisogni più bassi può provocare nell’uomo la ricerca di un significato, ne consegue che il bisogno di significato è indipendente da altri bisogni. Da ciò si deduce che esso non può essere ridotto a essi né ricavato da essi » (Viktor Frankl)

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